Le difficoltà di vivere nella società moderna. Gi assurdi e le incongruenze che dobbiamo subire. La giustizia che non esiste. I provvedimenti inutili e quasi sempre controproducenti. La noncuranza degli italiani. Meditate su quanto scriverò su questi temi e confortatemi con un commento o viceversa dimostratemi che ho torto.
ETICA
è sinonimo di morale, moralità, giustizia, onestà.
Ma
attenzione questo significato non è lo stesso quando questo termine è applicato
alla tassazione dei cittadini; il quel caso si parla di ETICA FISCALE che è
sempre tutt’altro che giusto e morale.
Secondo
la nostra Costituzione la tassazione non deve essere uguale per tutti, ma deve
essere diversa a seconda del reddito di ciascuno; si è deciso infatti, ed è
sancito dalla Costituzione, che ciascun cittadino debba contribuire alle spese
dello Stato in maniera diversa e cioè in una misura progressiva che dipende dal
reddito.
Si
sono fissate delle fasce di reddito (naturalmente del tutto arbitrarie, anche
se fissate dal Governo) per cui il reddito per ciascuna fascia è tassato con
una percentuale sempre crescente e si afferma che questo metodo non matematico,
ma progressivo e arbitrario, è necessario per motivi di ETICA; ma è una ETICA
FISCALE che non ha nulla a che vedere con la vera ETICA.
Per
essere GIUSTI occorrerebbe tassare ciascun cittadino con la stessa percentuale così
che ad esempio se essa fosse de 40% chi guadagna 100 verserebbe allo Stato 40 e
chi guadagna 1.000 (dieci volte più dell’altro) pagherebbe 400 (quindi
esattamente 10 volte più dell’altro).
La
percentuale è un mezzo matematico sicuro e onesto (quindi ETICO) perché infatti
consente di proporzionare correttamente quanto ciascuno deve devolvere allo
Stato.
Ma
poiché la Costituzione precisa che la tassazione deve essere PROGRESSIVA, le
percentuali vengono artatamente modificate man mano che i redditi crescono.
Quelle
modifiche, secondo il Governo vengono decise dallo Stato e secondo il Fisco
sono ETICHE!
Poiché
però di tanto in tanto le fasce vengono modificate sia per la loro ampiezza e sia
nelle percentuali, viene da domandarsi come succede che pur cambiandole esse
rimangono sempre ETICHE.
E’
chiaro allora che si applica la parola ETICA a piacere, e si finisce per
affermare che ETICO è ciò che decide il Governo; infatti quello che fino a ieri
era ETICO per certe fasce e certe percentuali, alla prima modifica diventa
evidentemente non più ETICO perché è la nuova regolamentazione quella ETICA.
In
pratica quindi di ETICO non c’è proprio niente visto che quello chedecide il Governo va sempre bene.
Fatto
sta che, a parte la Costituzione, a me pare che sarebbe ETICO solo l’uso della
matematica che provvederebbe da sola (a mezzo delle percentuali) a far pagare
di più chi guadagna di più; e non mi pare che occorrerebbe correggere i
risultati matematici per motivi di ETICA, tanto più che, come ho osservato
prima, ogni modifica sembra essere sempre fatta per rispettare l’ETICA che
evidentemente nella situazione precedente non doveva essere tale.
Quindi,
non è che dovremmo pretendere per forza di non infierire ogni giorno di più con
nuove tasse, ma avremmo almeno il diritto di far chiamare le cose con il loro
vero nome e quindi ad ogni nuovo cambiamento parlare non di ETICA ma di RAGIONI
DI CASSA.
E
qui c’è da osservare che, diversamente dalla contabilità di ogni famiglia
virtuosa, lo Stato opera in maniera completamente opposta ad esse.
In
ogni famiglia virtuosa si adattano le spese alle disponibilità; infatti le spese
si fanno in funzione di quanto è la proprio disponibilità di danaro. Lo Stato
invece prima decide quanto spendere e poi tassa i cittadini in maniera da
procurarsi quello che gli serve.
Se
in una famiglia si agisse in quella maniera sarebbe facile fare acquisti di
ogni tipo, comprare auto, case e ogni altro bene che si desidera e poi
impegnarsi in qualche modo, magari anche rubando, per procurarsiil danaro necessario.
A me
pare che un po’ di AUTARCHIA non farebbe male al nostro Paese; non sarebbe
meglio quindi operare alla maniera delle famiglie virtuose?
Non
sarebbe meglio tassare i cittadini non seguendo l’ETICA FISCALE di cui sopra,
ma in maniera veramente ONESTA, e poi utilizzare al meglio gli introiti
ottenuti?
Quando
si aggiungono nuove tasse i cittadini sono costretti a “stringere la cinghia” e
ridurre le proprie spese per far fronte alle nuove richieste; non sarebbe più
ETICO che fosse invece lo Stato a ridurre le sue spese, adeguandole alle
disponibilità?
Ho
letto che l’OCSE consiglia al nostro Stato, che è già fuori di ogni vera ETICA
di spostare la tassazione dal lavoro verso i patrimoni, facendo chiaro
riferimento ai patrimoni immobiliari (IMU ad esempio anche sulla prima casa) e
alle successioni.
Non
esiste cosa più immorale (figuriamoci se possa essere ETICA) che tassare (oltre
tutto in maniera ripetitiva) beni privati che sono stati onestamente acquistati
e pagati con danaro già abbondantemente tassati e per i quali si sono versate
cifre aggiuntive allo Stato per il solo fatto di averle acquistate. Non
esisterebbe più la proprietà privata visto che per gli immobili si dovrebbe
pagare annualmente una specie di fitto che a mio avviso assomiglia più ad un
pizzo essendo imposto dall’esterno, in maniera arbitraria e molto spsso DOPO
magari anni dall’acquisto e quindi retroattivamente.
Questo
tipo di tassazione tende solo ad incentivare tutti i cittadini a non possedere
niente e ad essere il più possibile poveri; nessun interesse dimostrerebbe lo
Stato a che ogni cittadino anelasse a migliorare la sua condizione patrimoniale
visto che ogni acquisto di un bene sarebbe considerata una qualcosa da MULTARE continuativamente
(anno dopo anno) solo per averne acquisito il possesso.
(Un mio lettore che ha letto questo articolo
appena ricevuta la mia email di avviso, mi ha fatto subito notare un errore e
cioè che l’evasione non è di 89,8 MILIONI ma di 89,8 MILIARDI; infatti
ho letto miliardi e ho considerato milioni; per questo motivo le cose cambiano
parecchio per cui ho deciso di cancellare l’articolo che inserisco di nuovo ora
con lo stesso titolo ma con la grossa modifica).
Di solito è lo Stato che ci fa i conti in tasca, ma questa
volta ho deciso DI FARE IO un po’ di conti in tasca al FISCO.
Lo farò cercando di esaminare i guadagni complessivi di noi
cittadini e le entrate del Fisco.
Mi sono procurato un po’ di notizie prelevandole dalla rete
e mi servirò dei dati che sono qui elencati:
Introiti complessivi del Fisco per l’anno 2022:544.528 milioni di euro
Guadagno medio annuo dei lavoratori italiani:27.000 euro
Cifra media annua erogata ai pensionati:14.150 euro
Numero dei cittadini occupati:25
milioni
Numero di pensionati:16 milioni
E terrò conto anche dell’evasione fiscale pare sia di:89,8 miliardi di euro
Mi baserò quindi sulle medie annue e farò i calcoli in
milioni di euro.
Il totale dei guadagni in un anno degli occupati è:25 x 27.000 = 675.000 mln di euro
Il totale dei guadagni in un anno dei pensionati è:16 x 14.150 = 226.400 mln di euro
Quindi il totale dei guadagni di entrambi è:675.000 + 226.400 = 901.400 mln di euro
La percentuale delle
imposte complessive è:544.528 /
901,400 * 100 = 60,41%
Non
c’è quindi alcun dubbio che si tratta di un vero e proprio strozzinaggio.
Va
considerato inoltre che, data la cifra dell’evasione riportata sopra, si può
assumere che le regole del fisco punterebbero ad introitare non 544.528 milioni
di euro, ma 544.528 + 89.800 = 634.328 milioni di euro.
E
allora se le tasse le pagassero tutti bisognerebbe calcolare diversamente la
percentuale richiesta dal fisco che sarebbe come segue:
La percentuale delle
imposte complessive è:634.328
/ 901,400 * 100 = 70,37%
Siamo
quasi quindi al 70,4% allo Stato e 29,6% ai cittadini cosa che ci dimostra che
qualunque sia il partito di Governo, sembra che vengano applicate le regole del
regime COMUNISTA dove si lavora tutti solo per lo Stato che dovrebbe (così
sarebbe nel regime comunista) provvedere a suo giudizio a fornire tutto quanto
serve ai cittadini; ma la differenza è che, nel nostro caso, ben poco viene
fornito ai cittadini dallo Stato cosa che dimostra quanto il sistema sia
inefficiente, oppure quanta parte degli introiti finisce nelle mani dei
disonesti.
Questa
volta è L’Europa che ha deciso, e noi che ne facciamo parte ci siamo dovuti
adeguare.
Il
28 dicembre 2023 l’Italia ha recepito la direttiva europea 2021/2018 che impone
l’assicurazione obbligatoria per la
responsabilità civile verso terzi anche ai veicoli fermi o parcheggiati in aree private.
Si
tratta di una assurda nuova regola priva di ogni logica.
In
pratica un qualunque veicolo (cioè oggetto capace di muoversi e per esso è
chiarito che vi rientra anche un rimorchio anche se non agganciato ad una
motrice), non importa se sia fermo, chiuso in un garage e non circoli mai, deve essere coperto da assicurazione RC.
Rientrano
tra essi anche i veicoli elettrici
leggeriindividuati con apposito decreto del Ministro delle Imprese
e del Made in Italy e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e tutti
devono adeguarsi entro 90 giorni dal decreto e cioè entro fine marzo 2024.
E
sembrerebbe quindi che, dato che l’assicurazione obbligatoria è stata prevista
a partire dai prossimi mesi anche per i monopattini elettrici, anche quelli
rientrerebbero nell’obbligo di essere assicurati anche se tenuti a casa fermi e
in disuso.
Ma
poi ci sono le deroghe e vediamo quali sono:
1.I veicoli non idonei a mezzi di
trasporto
2.I veicoli ritirati dalla circolazione
(destinati alla rottamazione, o con fermo amministrativo, o sequestrati)
3.I veicoli che vengono sospesi
temporaneamente dalla circolazione
I
casi 1 e 2 sono abbastanza ovvi mentre per rientrare nel caso 3 bisognerebbe
fare una richiesta formale alla compagnia di assicurazione e lo stop avverrà
dal momento della registrazione sull’apposita banca dati del Ministero delle
Imprese e del Made in Italy.
Non
si capisce bene se il caso 3 è la richiesta di
sospensione assicurativa che chiunque può fare alla propria assicurazione, e se
è così MENO MALE.
Ma
in questo caso a me pare che invece di sbandierare ai 4 venti che i veicoli
fermi devono essere assicurati; bastava dire soltanto che quando un veicolo è
fermo, anche in area privata, l’assicurazione DEVE ESSERE SOSPESA.
Quello
che invece non sono riuscito a scoprire da nessuna parte è se un’auto che è in
consegna ad un rivenditore che si deve occupare della sua vendita, e che magari
la fa anche circolare usando la sua targa di prova rientra o non in questa
assurda legge.
E’
inutile dire che a me pare che stiamo esagerando; non mi pare per niente logico
che un’auto ferma e chiusa in un garage possa arrecare danni a nessuno e dunque
non mi convincerò mai della validità di una simile legge; l’unica cosa certa è che
rappresenta un ottimo regalo fatto alle assicurazioni visto che assicurerebbero
dei mezzi che NON CIRCOLANO MAI.
Ho
anche letto che potrebbe essere possibile evitare l’assicurazione se all’auto
manca di qualche “parte fondamentale per il suo funzionamento” per cui non
esiste la possibilità che possa circolare su strada.
E
allora basta togliere una ruota o anche solo la batteria e si è a posto?
A
me pare che quando si fanno delle leggi così assurde, non solo diventa
facilissimo eluderle, ma il risultato è solo che si finisce per essere RIDICOLI.
“Bilancio
di previsione per l’anno finanziario 2024 e il bilancio pluriennale per il
triennio 2024-2026”
Per
chi avesse la forza di consultare il risultato, esiste un SUPPLEMENTO alla
Gazzetta Ufficiale di APPENA 350 pagine le cui prime 115 contengono 21 articoli
e le restanti sono una serie di allegati.
Nell’articolo
1 ai commi 64 – 67 è spiegato come cambiano le plusvalenze immobiliari per chi
ha usufruito del 110% con cessione del credito.
In
pratica la tassa riguarda chi dovesse vendere un’abitazione che ha usufruito
del 110%, e mi par di capire che se dalla fine dei lavori sono passati meno di
5 anni il costo dei lavori dovrebbe essere tassato al 26% (questo significa che
il 26% di quanto elargito dallo Stato tornerebbe all’erario) se la vendita
invece dovesse avvenire dopo i 5 anni e fino a 10 anni dopo, allora i costi sarebbero riducibile al 50% (quindi il 26% andrebbe calcolato solo sulla metà dei costi degli interventi)
E' stato così trovato un modo per recuperare, sia pure entro 10 anni, una buona
parte di quanto è stato elargito.
Ricordo
che l’incentivo del 110% è stata una decisione presa da un Governo che se fosse
stato onesto avrebbe dovuto, oltre che spiegare le regole per poter usufruire
dell’incentivo, chiarire anche che i richiedenti della sovvenzione sarebbero anche stati
opportunamente tassati al momento delle vendite degli immobili interessati; ma
naturalmente quel Governo si è guardato bene dal farlo, sicuro che un modo per
recuperare quelle spese sarebbe stato trovato successivamente e anhe che molto
probabilmente se ne sarebbe dovuto occupare un Governo diverso.
I
governanti attuali si sono trovati nel nostro caso a dover tener fede a delle
promesse fatte da altri e per rientrare nelle spese, da una parte
hanno stretto i freni delle elargizioni e dall’altra hanno pensato di
recuperare almeno una parte dei soldi elargiti, cosa che hanno fatto con la
nuova tassa.
In
pratica però, come al solito, sono state cambiate le carte in tavola, sia pure
da un Governo diverso, cosa che è chiaramente scorretta per uno Stato che prima
promette senza chiedere alcun corrispettivo e poi a cose fatte decide di
riprendersi quanto meno parte di quanto è stato elargito.
Capita
spesso che un Governo fa delle elargizioni anche se sono insostenibili, rimandando
a dopo un modo per recuperarle e sapendo bene che la difficoltà la potrebbe
avere il Governo successivo; in questa maniera si costringe il Governo
successivo a delle azioni riparatrici che serviranno a metterlo in cattiva luce
cosa che molto probabilmente risulterà utile a chi ha avviata la manovra visto
che molti elettori si sposteranno nuovamente verso chi ha iniziato a gabbarli.
E così ecco come si spiega l’alternanza dei Governi.
Ma
in conclusione quelli che pagano lo scotto di queste continue manovre sono i
cittadini; infatti quanti di essi non avrebbero proprio chiesta la sovvenzione
se avessero saputo che insieme ad essa stavano decidendo di accollarsi una
nuova tassa?
Sono
un informatico o meglio lo sono da 63 anni! Ho avuto infatti la fortuna e il
piacere di occuparmi di computer a partire dal 1960; assunto poco più che
vent’enne da una grande Banca Italiana ho scritto i miei primi programmi per
uno dei più potenti mainframe IBMdell’epoca; era l’IBM 7070.
Quel
computer costava alla mia banca UN MILIONE DI LIRE DI FITTO AL GIORNO e
aveva un volume complessivo di una quarantina di metri cubi.
Ben
pochi in Italia hanno avuto quel privilegio e ricordo ancora oggi l’attenzione
che era necessaria porre per sfruttare al meglio la potenza di quella macchina.
Mi
piace affermare che oggi un piccolo desktop alla portata di un qualunque
privato ha una potenza elaborativa che supera mille volte quella di quel grande
elaboratore.
La
Banca faceva precedentemente il suo lavoro affidandolo a molte decine o
centinaia di impiegati dotati di quelle sferraglianti calcolatrici meccaniche
Olivetti a manovella (poi elettrificate); successivamente aveva fatto svolgere
quello stesso lavoro ad un centro meccanografico dotato di macchine
elettromeccaniche ed infine aveva deciso di passare ad un più moderno mezzo che
allora era appunto un mainframe IBM.
Nulla
o quasi nulla era cambiato nelle procedure; solo che quello che facevano gli
impiegati a mano, era stato affidato prima al meccanografico e infine
all’elaboratore elettronico.
I
clienti quasi non si erano accorti di nulla perché continuavano a ricevere i
loro estratti conto che avevano solo cambiato un po’ forma; forse la frequenza
con cui ricevevano gli estratti era diventata maggiore, forse la forma degli
estratti era un po’ più chiara, ma nulla di più di quello che avevano prima,
avevano ricevuto.
Era
la Banca che ci aveva guadagnato molto, sia perché aveva potuto sostituire il
lavoro di molti impiegati con una macchina, sia perché gli errori degli
elaborati si erano ridotti a zero.
L’utilità
dei computer fu capita da tutte le grandi Aziende (inizialmente solo le grandi,
perché solo esse potevano permettersi di avere un grosso computer) e TUTTE
iniziarono aSOSTITUIRE il lavoro umano
con quello di una macchina.
Intanto
le potenze elaborative negli anni aumentavano sempre più e si cominciò a
parlare di REAL TIME perché si vide che poteva essere comodo specie per la
Banca; ma questa volta anche per i clienti era comodo che ogni operazione fatta
allo sportello potesse essere subito registrata di modo che anche un istante
dopo, l’operazione successiva potesse basarsi su una situazione dei conti
aggiornatissima.
Quindi
il grande passo avanti fu l’installazione di terminali nelle filiali che
consentirono di attuare appunto il REAL TIME; diventò così possibile la
CIRCOLARITA’ e cioè la possibilità per i clienti di fare un’operazione in una
filiale di una città che essendo subito registrata metteva in condizione anche
le filiali di altre città di poter accedere ai conti sempre aggiornati.
Per
i successivi anni, forse una ventina o qualcosa di più, si procedette così e i
vantaggi erano sempre graditi sia alle Aziende che ai loro clienti.
Ma
poi pian piano la cosa, a mio avviso, ha preso una brutta piega perché si è
cominciato ad abusare in vario modo della grande potenza disponibile; qui di
seguito provo ad esporre tutto quando per me è un uso distorto dei computer:
1.L’esagerazione.
Non vi è principio, per
quanto giusto e ragionevole, il quale, se lo si esageri, non possa condurci
alle conseguenze le più funeste. Camillo Benso conte di Cavour, XIX sec.
Si è
passati pian piano dai programmi UTILI che sostituivano semplicemente il lavoro
manuale con grandi vantaggi di velocità e precisione, a programmi che vengono
scritti per mostrare complicate situazioni quasi create apposta per farle
risolvere da programmi complessi.
Cerco
di spiegarmi meglio; si nota benissimo che ci sono elaborazioni complesse che
non sono necessarie e che CERTAMENTE non sarebbero state affrontate se il
lavoro lo avessero dovuto fare degli umani; sembra quasi che siano state
inventate solo e soltanto perché è facile farle gestire da un programma che ha
anche disponibile una enorme potenza elaborativa.
Faccio
subito un esempio: prendete una qualunque bolletta del GAS che avete certamente
e esaminatela con cura; provate a pensare per un momento che quella bolletta (e
anche tutte quelle degli altri clienti) fosse stata preparata da umani; credo
che vi rendereste subito conto che se i computer non ci fossero stati, per
preparare migliaia di quelle bollette sarebbero state necessari migliaia di
impiegati ciascuno dei quali avrebbe messo almeno una giornata di lavoro per
compilarne una sola.
Io
non dispongo di una bolletta del gas di 70 anni fa, ma sono sicurissimo che
tutti quei dettagli che leggiamo oggi non c’erano, perché sarebbe stata pura
pazzia farli preparare dagli impiegati del fornitore.
Quello
che ho detto per il GAS vale anche per le bollette della LUCE e un po’ anche
per quelle del telefono.
Devo
allora concludere che i programmi di oggi producono spesso informazioni INUTILI
ma anche DELETERIE perché quelle bollette sono diventate INDECIFRABILI e al
massimo sono utili alle aziende che possono, in modo disonesto, annegare al
loro interno voci non dovute che i clienti difficilmente riescono ad
individuare.
Quindi
l’informatica UTILE si è arricchita di molta informatica INUTILE che spesso è
anche responsabile di diffondere pratiche poco corrette.
Se
esaminate nel dettaglio le TABELLE che l’ARERA pubblica ogni tre mesi
sicuramente inorridireste; si tratta di tabelle diverse per ciascuna regione
che vorrebbero giustificare aumenti e diminuzioni del costo dei servizi a mezzo
di miriadi di parametri; io ci ho provato molto tempo fa e ho solo rischiato di
impazzire senza comunque riuscire a capire se quello che veniva esposto era
logico o inventato.
Si
capisce quindi che anche in quel caso i computer vengono usati in maniera
distorta e questo avviene solo perché una volta scritto il programma (che
comunque in quei casi è anche molto complesso e difficile da realizzare) esso
può essere usato anche per anni senza ulteriore impegno.
Attraverso
quelle complicatissime tabelle ARERA tenta di giustificare il suo lavoro che
per i più sembra anche complicato, ma che invece è fatto semplicemente avviando
un’applicazione cosa che tutti sanno richiede al massimo la pressione di un
tasto o un click di un mouse. Poi in questo caso, mentre l’ARERA mostra di
essere bravissima nel suo lavoro (o meglio crede di dimostrarlo attraverso la
complessità delle sue tabelle) chi volesse interpretarle rischia di affogare
tra l’infinità dei numeri presenti.
2. Pubblicitàvia telefono o con email.
Ho
già parlato in questo BLOG del sistema di chiamata automatica organizzata da
TIM ma che è utilizzata, anche in maniera meno assillante anche da altre
aziende; in quel caso invece di affidare a degli umani il compito di chiamare
una infinità di numeri telefonici per proporre i propri prodotti, si affida il
lavoro ad un computer che guidato da un apposito programma provvede e chiamare
uno dopo l’altro centinaia o forse migliaia di cittadini; una voce sintetizzata
invita il malcapitato a premere un tasto particolare per essere richiamato da
un umano; anche questa è un uso distorto dei computer; si abusa delle sue
capacità per disturbare migliaia di cittadini SENZA che l’azienda impegni personale
per farlo.
E
anche le email pubblicitarie, quelle che hanno anche un nome (SPAM) vengono
generate automaticamente ed inviate a migliaia di destinatari senza alcun
impegno di personale.
3. Gli operatori virtuali.
Un’altra
stupida ed antipatica soluzione che in molte aziende si sta sviluppando è di
far rispondere ad una chat o ad una telefonata non un umano, ma un operatore
virtuale; si tratta di un voce sintetizzata che vi dice “Ciao sono Willy”o un altro nome di quel tipo, e cerca di
intrattenerti con domande standard che al 90% non interessano; le aziende
pensano di aver ridotto le chiamate di assistenza, ma certamente non è così per
cui i fastidi li hanno solo i clienti che prima di riuscire a parlare con un
operatore umano devono sopportare lunghe “discussioni” inutili con una
macchina.
4. L’informatica ad uso delle aziende e non
a vantaggio dei clienti
Agli
inizi dell’era informatica i computer, come ho anche spiegato all’inizio di
questo documento, veniva usata per agevolare il lavoro alle aziende ma per
offrire dei vantaggi anche ai clienti.
Ma
negli ultimi tempi le aziende approfittano dell’informatica sempre più solo per
aumentare i propri guadagni.
Ecco
un esempio: Quando i computer non c’erano, se si chiedeva al proprio fornitore
di elevare la potenza del proprio contatore veniva richiesta una notevole cifra
che era giustificata dal fatto che un dipendente dell’azienda doveva recarsi
presso il contatore del richiedente per apportare la modifica; oggi invece
visto che tutti contatori sono diventati elettronici e gestibili a distanza la
modifica viene fatta da un comune impiegato che, seduto comodamente davanti ad
un computer, preme il pulsante di un programma e inserisce un parametro
opportuno in un campo; il lavoro è diventato quasi nullo e l’azienda dovrebbe
quasi ringraziare chi chiede di farlo perché certamente il cliente si appresta
a consumare molto di più (cosa utile all’azienda); ma anche se il lavoro oggi è
diventato nullo i fornitori richiedono dai clienti ugualmente il costo solito
che questa volta è ingiustificato visto che l’intervento diventa solo una
modifica contrattuale; ed è ancora più grave che l’azienda richieda un costo
per Kw di aumento quasi che il minuscolo intervento sia più oneroso quando
l’incremento richiesto debba essere
fatto più volte per ciascun Kw di aumento.
Un
altro esempio potrebbe essere quello di Mercedes che vende le sue auto con un
software che comprende anche APPLE CAR e ANDROID AUTO, ma quel software pur
essendo presente è bloccato e viene sbloccato (quindi anche qui con un solo
click) dietro pagamento di 366 euro.
5. Gli abbonamenti
Qualunque
oggetto si compra va pagato e il suo prezzo è giustamente dato dal costo di
produzione maggiorato di una certa percentuale dovuta al guadagno del
produttore; se un certo oggetto è molto richiesto esso dovrà essere prodotto
più volte costando al fornitore sempre la stessa cifra e sarà rivenduto al
prezzo di listino per cui il produttore avrà molte volte lo stesso guadagno.
Anche
il software ha un costo per la sua realizzazione e quindi deve essere rivenduto
ad un prezzo maggiore del costo di produzione; ma poiché un programma, specie
se è molto utile ed interessante può essere venduto un numero infinito di volte
senza neanche un minuto secondo di lavoro in più, è giusto rivenderlo ad un
prezzo inferiore al costo di produzione; stabilito ad esempio che il costo di
produzione è 1.000, il programma potrebbe esser venduto anche a 10 se si pensa
che le copie vendute supereranno almeno le 100.
Ovviamente
tutte le copie vendute oltre le 100 saranno PURO GUADAGNO per il produttore. Il
grande vantaggio dei produttori di software è che il loro impegno termina al
momento in cui il programma è finito e anche che non appena si supera il numero
di copie definito per i pareggiamento dei costi sostenuti, si continuerà a
guadagnare in eterno man mano che ci saranno altre vendite e senza che ci siano
altri costi di produzione.
Ovviamente
i guadagni possono essere stratosferici specie per quei programmi importanti e
molto richiesti (come Office di Microsoft o Photoshop di Adobe); al massimo da
parte del produttore ci sarà un piccolo impegno per risolvere qualche BUG che
gli utenti segnalano o se vuol migliorare il programma con qualche nuova
funzione.
Ma
l’ingordigia dei produttori è molto alta e si stanno sempre più diffondendo nel
software gli abbonamenti; i produttori, e parlo proprio di quelli che ormai
hanno abbondantemente ammortizzato il costo del programma e che quindi ad ogni
nuova vendita quello che incassano è TUTTO GUADAGNO, non si accontentano, e
decidono di non vendere più il programma ma di darlo in uso annuale a fronte di
un abbonamento. Quindi non più il guadagno ad ogni vendita nuova, ma cercano di
guadagnare per SEMPRE qualcosa da TUTTI coloro che vogliono usare il programma.
Questa
è un altro esempio in cui l’informatica vuol essere usata molto di più per i
vantaggi dei produttori e molto meno a vantaggio degli utilizzatori.
6. APP per ogni cosa.
Con
l’avvento degli SmartPhone ci hanno riempito di applicazioni (che sono note a
tutti con il termine APP); sembra quasi che niente possa fare a meno di un APP
e nessuna attenzione viene posta quando certe applicazioni sono di larga
diffusione e sarebbe necessario renderle STANDARD. Un classico esempio è quello
delle APP indispensabili per chi ha una auto elettrica e desidera accedere ad
una colonnina di ricarica; ogni fornitore ha pensato bene di far realizzare una
propria APP che naturalmente ha forma diversa dalle altre il che crea grande
fastidio e scomodità a chi volesse essere libero di ricaricare la propria auto
alla prima colonnina incontrata.
7. Tutto connesso in real time
Sembra
che un’applicazione debba SEMPRE essere connessa perché ha SEMPRE bisogno di colloquiare
con un server o con un cloud; ma questo non è sempre vero.
Nessuno
verifica più se la connessione in rete ha un motivo per esserci e se quando c’è
deve essere usata sempre o può essere usata solo una o poche volte al giorno; e
invece tutte le applicazioni tendono sempre più a dipendere da una connessione
di rete anche quando non ce n’è bisogno.
Moltissime
applicazioni sarebbero in grado di funzionare perfettamente anche senza alcuna
connessione, senza l’ausilio continuo di un server e senza dover far uso di un
cloud, ma spesso invece si progettano rendendole dipendenti inutilmente da una
connessione di rete.
Ad
esempio le colonnine per la ricarica che dispongono certamente di potenza
elaborativa locale potrebbero benissimo lavorare e fornire energia a chi la
desidera memorizzando localmente quanto si è verificato anche in una intera
giornata; la connessione potrebbe anche esistere ma per essere utilizzata
magari di notte o comunque in un secondo momento per poter trasferire i dati
accumulati ad un centro di elaborazione dati del fornitore; si tratta infatti
di dati importanti ma che non necessitano di arrivare al centro in REAL TIME;
se i pagamenti potessero essere fatti sia con carta di credito che con
banconote, ogni erogazione sarebbe possibile sempre, anche in assenza di
collegamento e quindi il fuori servizio per mancanza di rete non ci sarebbe
mai.
Molto
tempo fa si ragionava sempre così e lo si faceva perché le potenze elaborative
erano scarse e le connessioni molto costose; ma continuare a ragionare anche ora così non
farebbe male a nessuno e anzi sarebbe molto utile; infatti se un’applicazione
richiede una connessione di rete funzionante e NON NE HA NECESSITA’, farla
lavorare insieme ad un server connesso via rete fa sì che quell’applicazione
diventi inutilizzabile quando la rete non è funzionante.