giovedì 18 giugno 2015

Immigrazione


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Non mi ritengo un razzista, ma vorrei fare alcune considerazioni per chiarire perché tanti italiani, me compreso, si mostrano restii a favorire ed accettare una situazione che sta sempre più degenerando.

Io penso che ciascuno di noi in linea di massima e nei limiti del possibile, vorrebbe dare una mano a questi derelitti, ma si scopre che invece nasce sempre più spesso un certo astio verso di loro.

Ho cercato di capire come mai questo avviene e penso di averne individuato i motivi.

Immaginate dunque di aver ricevuta la visita di un ospite e di averlo fatto accomodare nel vostro salotto; immaginate anche di avergli offerto un tè e dei pasticcini, quando improvvisamente notate che il vostro amico ha deciso di sdraiarsi sul divano, e per stare più comodo, di allungare una gamba appoggiando il piede con uno scarpone sporco sulla poltrona accanto.

Io penso che immediatamente voi, presi quanto meno da profonda meraviglia, provereste inizialmente a spiegare all’ospite maleducato che non gradite quel tipo di comportamento; ma se l’individuo invece di ascoltarvi continuasse non solo a tenere il piede sulla poltrona, ma vi aggiungesse anche l’altro, io penso che dopo avergli ripetuto nuovamente ma inutilmente che non potete sopportare quel suo atteggiamento, finireste per chiamare i carabinieri per chieder loro  di far allontanare con la forza quella persona dalla vostra casa.

Ebbene cosa voglio dire con questo? Penso che abbiate già capito che intendo dire che un immigrato giunto in Italia ancora vivo, solo per essere stati salvato dalle navi del nostro Paese, dovrebbe già sapere di aver contratto un bel debito con noi e dovrebbe essere animato da una profonda riconoscenza verso l’Italia e i suoi abitanti.

Quando poi si accorge che se tenta di entrare in Francia viene malamente ributtato indietro dalla Gendarmeria di quel paese e decide di accamparsi su una scogliera di Ventimiglia (è come se entrasse nuovamente nella nostra casa) e viene avvicinato dai nostri poliziotti, non per essere buttato in mare, ma semplicemente per essere invitato a spostarsi in un luogo appositamente approntato per accoglierlo (è come se venisse invitato a sedersi su un divano del nostro salotto) e ciò solo per  poter essere rifocillato in maniera più decorosa (è come se gli offrissimo anche tè e pasticcini), NON PUO’ RIFIUTARSI e insistere nel voler rimanere a defecare sulle scogliere che ha scelto a sua dimora (dentro la nostra casa); e non può nenache PROTESTARE ritenendo di aver diritto non solo di albergare nella nostra casa, ma anche di decidere DOVE accamparsi; con questo affermo che tale comportamento dimostra solo che non sono RICONOSCENTI verso chi invece gli ha dimostrato solo amicizia e comprensione.

Dunque questo è il motivo fondamentale per cui queste persone diventano antipatiche e scostanti e spingono alla fine noi italiani, non ad aiutarli, ma a considerarli solo degli invasori che accampano diritti che neanche i padroni di casa si sognano di accampare.

Per questa ragione molti di noi, me compreso, finiamo per non volerli più vedere, fino a pentirci finanche di averli aiutati a salvarsi.

Questi ospiti viceversa, dovrebbero capire quanti sacrifici noi facciamo per loro e quanto danaro spendiamo per aiutarli e dovrebbero offrirci in qualche modo la loro collaborazione lavorando per noi anche gratuitamente se possono; e non  pretendere niente di più di quello che hanno avuto finora, visto che tutto ciò che hanno avuto, compresa l’aria che respirano, è assolutamente un nostro REGALO non dovuto.

Invece la maggior parte di loro, che fino a ieri ha sopportato infinite angherie nel proprio Paese, appena giunto qui da noi, improvvisamente sente di aver conquistato mille diritti e si lamenta se quello che non ha mai avuto nel Paese di nascita dove probabilmente non ha neanche avuto il coraggio di chiedere, non gli viene immediatamente riconosciuto.


Franco Fellicò


domenica 14 giugno 2015

La giustizia non esiste (dimostrazione 5) e anche... presa per i fondelli 6



Era da tempo che non riportavo qui qualche dimostrazione che “la giustizia non esiste”; e questo non perché avessi cambiato idea, ma soltanto perché mi piace fare cenno solo ai casi più eclatanti che lo dimostrano.

Ma in questi ultimi tempi ecco che si è presentata una nuova occasione per riprendere il tema.

Questa volta si è partiti da un evento che inizialmente sembrava voler dimostrare il contrario, mente invece ben presto si è scoperto che quello che ho sempre pensato, è nuovamente confermato.

Qualche mese fa la Corte Costituzionale ha decretato che la decisione del Governo Monti che bloccò per gli anni 2012 e 2013 la perequazione per tutte le pensioni con un lordo maggiore di circa 1400 euro lorde, era incostituzionale.

Per questo motivo la Consulta ha invitato giustamente il Governo in carica a porre rimedio a quell’intervento, restituendo il mal tolto ai pensionati ingiustamente colpiti.

Immediatamente si sono scatenate infinite discussioni sulla sentenza, e mentre i pensionati colpiti plaudevano alla decisione, i rappresentanti del Governo e anche alcuni economisti hanno iniziato a criticare la sentenza.

Tra essi un economista (Nicola Salerno) che non conoscevo, ma che ho ascoltato per caso in un’intervista fattagli da Radio Radicale, si è scagliato contro la decisione affermando che la Corte aveva solo mostrato di voler interferire con la politica, cosa che a suo dire era scorretta.

Poiché io non la penso come lui, ho provato a scrivergli per chiarirgli che la Corte si era espressa (oltre tutto a seguito di un ricorso ricevuto se non sbaglio da un cittadino di Palermo) e, esaminando a fondo l’intervento, dopo aver scoperto la sua incostituzionalità, aveva sentenziato di conseguenza.

Immagino che ognuno debba fare il suo mestiere e quindi così come il Governo a suo tempo, facendo il suo lavoro, prese una decisione, la Corte Costituzionale sollecitata ad indagare sui fatti, aveva tutta l’autorità necessaria per valutare se la Carta Costituzionale era stata rispettata.

Nessuna interferenza con il lavoro del Governo è dunque addebitabile alla Corte perchè la sua decisione mette solo in risalto un errore commesso; gravissimo sarebbe stato se la Consulta avesse emesso una sentenza falsata sotto il profilo della giustizia, soltanto per tener conto di un eventuale scompenso provocato alle casse dello Stato, perché sarebbe stato come assolvere un cittadino che ha rubato, soltanto perché in difficoltà economiche.

Mi era sembrato quindi che, contrariamente a quanto avevo sempre pensato, che almeno questa volta la giustizia era stata finalmente affermata.

Ma a giudicare da tutto ciò che è accaduto dopo, ben presto mi sono accorto che ANCHE QUESTA VOLTA si può rilevare che “la giustizia non esiste”.

Renzi infatti ha subito, ma solo inizialmente, dichiarato che la sentenza andava RISPETTATA (naturalmente già immaginando qualche stratagemma per “prendere per i fondelli” i cittadini sudditi).

Prima però di approfondire la nuova bidonata che s’intravedeva all’orizzonte, vorrei ricordare a tutti che il VERO RISPETTO della sentenza avrebbe richiesto quanto segue:

1.  Ricalcolare la pensione che ciascun pensionato colpito avrebbe dovuto avere a partire dal gennaio del 2012 per l’applicazione della perequazione mancata.

2.   Ricalcolare sulla PENSIONE RIVALUTATA secondo il punto precedente, la nuova pensione che il pensionato colpito avrebbe dovuto avere a partire dal gennaio 2013 per la perequazione relativa al 2013.

3.  Ricalcolare infine sulla nuova pensione già RIVALUTATA due volte e determinare la pensione dovuta a partire dal gennaio 2014.

4.  Calcolare per i punti 1 e 2 il mancato introito negato al singolo pensionato negli anni 2012 e 2013, aggiungere alla cifra così determinata quanto il pensionato non aveva percepito dal gennaio 2014 fino a tutt’oggi per effetto della diversa pensione a lui spettante a seguito delle due rivalutazioni, aggiungere ancora gli interessi opportuni e versare ad ogni pensionato colpito la cifra così calcolata.

5.  Aggiornare l’ultima pensione per gli anni successivi al conguaglio, in maniera da inglobare in essa gli aumenti dovuti alle due perequazioni calcolate in ritardo.

Ma naturalmente tutto questo doveva essere aggirato in qualche modo dai volponi della casta, ed infatti in tutta fretta Renzi ha richiesto a Padoan di trovare una soluzione (probabilmente glie l’ha anche suggerita in un orecchio); gli ha poi anche ordinato di chiudere la questione velocissimamente per non dare neanche il tempo di reagire a chi non fosse d’accordo.

In men che non si dica ha allora innalzato un pò il tetto dei circa 1400 euro al di sopra del quale la perequazione veniva bloccata e ha stabilito di restituire solo a quei pensionati che rientravano nel nuovo tetto SOLO UNA PARTE DEL MAL TOLTO (e ciò proporzionalmente all’entità delle singole pensioni).

Insomma ha agito come se la Corte non avesse dichiarato incostituzionale il provvedimento di Monti, ma avesse solo detto che era incostituzionale il tetto di 1400 euro, assumendo anche che il nuovo tetto da lui fissato (non ovviamente facendosi guidare da motivi di giustizia, ma dalle esigenze economiche dello Stato) fosse invece rispettoso della costituzione.

Ovviamente ha anche “dimenticato” di rivalutare le pensioni correnti neanche a chi rientrava nel nuovo tetto, considerando forse che il BONUS (così è stato chiamato) fosse più che sufficiente per tacitarli completamente.

Quindi eccoci alle solite, la Giustizia non esiste o meglio il Governo pensa che debba essere assicurata SOLO SE ci sono le condizioni per realizzarla, altrimenti il cittadino deve essere vessato come sempre. E così, come ho detto nel titolo di questo documento, ecco trovata la nuova “furbata” per “prendere per i fondelli” la cittadinanza, o meglio i sudditi.

Solo una piccola parte dei pensionati colpiti ha semplicemente ricevuto un piccolo obolo e NESSUNO ha più avuta neanche la rivalutazione SALTATA, visto che per tutti la pensione che aveva non è cambiata.

E’ così chiaro che il Governo ritiene di essere intoccabile persino dalla Corte Costituzionale che il nostro Ministro dell’Economia PIER CARLO PADOAN ha affermato ufficialmente che: “la Consulta, con la sentenza sulle pensioni, avrebbe dovuto valutare i costi per la collettività”.

Così come l’economista Nicola Salerno, quindi anche l’economista Pier Carlo Padoan (Ministro dell’economia in carica) ritiene che l’organo deputato a verificare che la Costituzione venga rispettata, debba sentenziare SOLO dopo aver verificato che l’applicazione della  giustizia non crei problemi al Governo; il che in altre parole significa che prima di sentenziare, deve verificare se la sua sentenza danneggia lo Stato e nel caso affermativa deve “addomesticare” opportunamente la decisione.

In ogni modo, della sentenza della Corte alla fine nessuno se n’è importato, e lo Stato è come se avesse detto: “Noi riteniamo di aver risolto il problema dando un piccolo obolo a una parte dei pensionati ingiustamente colpiti, chi non fosse d’accordo CI FACCIA CAUSA e vedremo se avrà ragione” (pronti naturalmente in caso di soccombenza a non rispettare un’eventuale ulteriore condanna con un’analoga dichiarazione).

E’ inutile dire che se la Consulta avesse prodotto una sentenza per cui tutti i pensionati erano tenuti a versare una cifra arretrata, il Governo avrebbe preteso dai cittadini fino all’ultimo centesimo senza curarsi minimamente delle condizioni economiche di chicchessia, giungendo fino al pignoramento dei beni di chi non avesse rispettata la sentenza. E quindi non solo la “giustizia non esiste”, ma si può anche nuovamente affermare che “la giustizia NON è uguale per tutti”.

C’è ancora qualcuno che pensa invece che la giustizia esiste e che è uguale per tutti?
Chiudo qui con la prima cosa che mi è venuta in mente quando, avendo saputo della sentenza fatta dalla Consulta, provai ad immaginare quale sarebbe stata la possibile reazione del Governo:


Avenno, putenno, pavanno.
Letteralmente: avendo, potendo, pagando: Strana locuzione napoletana che si compendia in una sequela di tre gerundi e che a tutta prima pare ellittica di verbo reggente, ma che sta a significare che un debito contratto, ben difficilmente verrà soddisfatto essendone la soddisfazione sottoposta a troppe condizioni ostative quali l'avere ed il potere ed un sottinteso volere, per cui più correttamente il terzo gerundio della locuzione dovrebbe assumere la veste di verbo reggente di modo finito; ossia: pagherò quando (e se) avrò i mezzi occorrenti e quando (e se) potrò.