martedì 29 ottobre 2019

Chi à causa del suo mal, pianga se stesso.


Il 25 agosto nel mio documento “A che serve votare?”, quando ancora non si era certi se il PD e M5S si sarebbero “apparentati”, preventivai che se lo avessero fatto, avrebbero perso entrambi molti consensi.

E oggi il risultato delle elezioni in Umbria ha dimostrato ampiamente che avevo ragione.

Il motivo principale che ha spinto i cittadini Umbri a cambiare rotta, e che spingerà a farlo anche tanti altri quando potranno esprimersi con il voto, è ovviamente da collegarsi alla bella pensata di formare un governo PD -M5S .

Dunque i responsabili di quello che è accaduto sono appunto sia PD che M5S che sono stati ovviamente subito ripagati con l’allontanamento dei loro elettori.

Tutti i voti che la destra ha ricevuto sono quelli che nel passato erano del PD e di M5S, visto che la destra è cresciuta fortemente a scapito di quegli altri.

Ma come hanno ragionato i cittadini? Io credo che c’è anche un’altra cosa da considerare:

da molti anni ormai sono proprio i partiti che hanno “educato” i propri seguaci non, ad avvicinarsi a quelli che riescono a fare cose buone per la nazione, ma a seguire loro soltanto per “abbandonare” quelli che dimostrano inettitudine ed inefficienza.

Per ottenere questo i politici delle ultime generazioni, usano infatti mettere più in risalto le inadeguatezze degli avversari piuttosto che dimostrare con i fatti le proprie capacità; e martellano ogni giorno i cittadini istigandoli all’astio ed all’odio per i partiti avversi.

Seguendo questa strategia, i rappresentanti del PD hanno sempre biasimato il Movimento 5 Stelle per la sua incapacità, e tutti i seguaci del PD, seguendo la  loro linea, si  sono convinti che quel partito fosse da cancellare; analogamente quelli di M5S hanno sempre detto che volevano andare al governo per distruggere il PD e la maggior parte dei loro seguaci li ha apprezzati perché ha ritenuto corretta la loro posizione.

E’ ovvio allora che quando PD e M5S si sono messi insieme, i seguaci sia dell’uno che dell’altro partito si sono sentiti traditi e hanno reagito con rabbia.

I cittadini hanno capito di essere stati presi in giro da quelli che avevano votato, visto che le manovre dei politici li avevano avvicinati proprio a quei personaggi verso i quali erano stati caricati di odio.

Dunque è chiaro che gli attuali DUE governanti (e non sappiamo ancora per quanto tempo ancora) hanno la piena responsabilità dell’accaduto; essi l’hanno provocato con le proprie mani, inizialmente istigando all’odio verso gli avversari e completando l’opera con un’alleanza illogica fatta proprio con chi avevano loro stessi dimostrato essere il peggior nemico.

I DUE hanno chiaramente dimostrato, ovviamente senza volerlo, che il loro interesse era ben diverso dal bene dei cittadini e questi ultimi, molto più intelligentemente di loro, lo hanno capito bene e hanno reagito opportunamente.

Franco Fellicò

giovedì 10 ottobre 2019

Autovelox


Apparati a fotocellula, apparecchi laser, apparecchi video, apparecchi radar, tutor ed altre diavolerie del genere tappezzano le nostre strade oltre anche agli apparecchi a bordo di auto ferme o in movimento; tutti dispositivi che si incaricano di “controllare” che le vetture in circolazione rispettino i limiti di velocità imposti (non si mai bene da chi e con quale criterio).

Per gli automobilisti è un grosso problema che impegna la maggior parte dell’attenzione che ciascuno usa durante la guida. 

Quando parlo di attenzione intendo l’impegno che ciascun automobilista utilizza quando è alla guida; deve stare attento a seguire la strada, deve evitare gli ostacoli, deve rallentare dietro un altro mezzo, deve fare i sorpassi quando c’è la visibilità sufficiente, deve guardare i segnali, deve rispettare le indicazioni stradali e riuscire a reagire in tempo ad ogni imprevisto. 

Tutto questo richiede un impegno che non è misurabile che è la somma di tutti gli impegni necessari per tutto quanto detto prima.

Ma da un pò di anni a tutti questi impegni se ne è aggiunto un altro ed è quello di porre molta attenzione alla presenza di quei dispositivi (che dovrebbero essere sempre segnalati in tempo, ma che spessissimo non lo sono) che ormai gli automobilisti considerano il pericolo maggiore da evitare.

Sono, come ho detto, così tanti questi dispositivi disseminati dovunque, che l’impegno da utilizzare per essere in grado di evitarli tutti, è LA MAGGIOR PARTE dell’impegno di chi guida.

Come ho detto l’impegno non è misurabile, ma è certamente un valore FINITO e dunque possiamo certamente concludere che tutto l’impegno che l’automobilista “consuma” per verificare la presenza di quegli aggeggi, viene certamente detratto da altri impegni sicuramente più importanti e possibili fonti di incidenti.

Dunque, ciò significa che la presenza di questi dispositivi, se riesce ad ottenere un notevole rispetto dei limiti di velocità, non si può negare che è anche una fonte di distrazione per chi guida che riduce l’attenzione che lo stesso deve porre ad altri eventi anche molto più seri.

Ogni regola ha un suo valore finché è applicata con criterio e non si può certo dire che il criterio con cui vengono installati i dispositivi per il controllo delle velocità sia corretto e serio.

Il fatto fondamentale è che si è data la possibilità a qualunque anche piccolo Comune di installare questi aggeggi nel proprio territorio e, cosa gravissima, è consentito agli stessi anche di incamerare i proventi delle multe relative. E’ ovvio, e anche NOTO A TUTTI, che i Comuni approfittano abbondantemente di questa possibilità per finanziarsi. 

Sono nate società (e anche questo è noto e tollerato) che si occupano di fare queste installazioni gratuitamente ai Comuni interessati e che in cambio ricevono un indennizzo proporzionale alle multe elevate.

Il meccanismo della generazione delle multe si è informatizzato per cui non appena viene rilevata una infrazione, in maniera completamente automatica, quindi senza l’intervento di nessuno:

  • viene rilevata la targa del mezzo e con una connessione ad un servizio online dell’ACI viene individuato il proprietario e il suo indirizzo
  • viene immediatamente generata la raccomandata da spedire al malcapitato

Ovviamente poi il processo continua con la catalogazione della multa elevata e il controllo che essa è stata pagata e con la contabilizzazione dell’introito ottenuto.

Si tratta per il Comune che organizza questa procedura in proprio, o che ne utilizza una realizzata da terzi, di un ottimo sistema per disporre di un introito continuo di danaro per il quale occorre soltanto un finanziamento una tantum per organizzare la procedura in proprio, oppure nessun investimento, ma soltanto un introito un pò ridotto, se il servizio è affidato a terzi.

L’interesse dunque dei Comuni è grande e la libera scelta che essi hanno su dove istallare questi dispositivi oltre che la libertà di piazzarne un numero qualunque, fa crescere a dismisura queste installazioni che ormai è NOTO A TUTTI servono molto di più a rimpinguare le casse comunali che non a migliorare la sicurezza delle strade.

E nessuno può dimostrare che un apparecchio è stato messo in opera per motivi di “cassa”, perché il Comune è certamente pronto a ribadire che una certa installazione è stata fatta per motivi di sicurezza!

Ma di chi è la colpa di questo sfacelo? Dello Stato naturalmente, e quindi dei nostri governanti che pur sfornando molte decine di leggi al giorno, non applica la LOGICA e regolamenta in maniera seria questo fenomeno.

Eppure la cosa sarebbe semplicissima da risolvere! Basta applicare la logica per scoprire che ci sarebbe un mezzo facile per ottenere che i Comuni installino gli autovelox SOLTANTO quando sentono veramente il bisogno di tenere sotto controllo le velocità in particolari punti del proprio territorio.

Basterebbe infatti, pur lasciando la possibilità ai Comuni di installare questi dispositivi a suo piacimento, fare in modo che il Comune, così come accade per qualunque altro servizio, debba spendere dei soldi per farlo; questo servizio è attualmente invece l’unico servizio che non costa niente ad essere attivato e anzi non solo non deve esser pagato, ma addirittura è un servizio che produce introiti!

Basterebbe quindi varare una legge che implica che i Comuni, quando generano le multe per eccesso di velocità inviino al colpevole un bollettino di conto corrente con un numero di conto dello Stato di modo che l’introito sarebbe dello Stato; e i Comuni, che oggi giurano di aver installato quegli aggeggi soltanto per motivi di sicurezza, si dovrebbero accontentare appunto di averla ottenuta.

Eventualmente, si potrebbe anche pensare che i Comuni ricevano dallo Stato una piccola cifra per ciascuna multa elevata a titolo di PARZIALE rimborso per le spese sostenute per la produzione e l’invio delle stesse.

In questo modo i Comuni non potrebbero lamentarsi in quanto avrebbero ancora la possibilità di proteggere le proprie strade con un costo oltre tutto molto ridotto; lo Stato (sempre affamato di soldi) avrebbe un’altra fonte di introiti finora inesistente, si eliminerebbe lo sconcio degli autovelox “a bizzeffe” installati per fare cassa e infine gli autovelox installati sarebbero veramente posti in luoghi in cui è necessario migliorare la sicurezza e non in luoghi dove è più facile che non vengano rispettati!.

Se lo Stato non regolamenta con serietà e logica l’installazione di questi dispositivi; se considera valida e utile qualunque installazione e ritiene giusto che il numero cresca indefinitamente sicuro che indipendentemente dall’arricchimento dei Comuni il risultato è positivo, allora potrebbe anche liberalizzare le installazioni completamente e dare anche ad un comune cittadino o a qualunque società privata la libertà di installarli e di appropriarsi degli introiti relativi.

In nome di una larga diffusione di essi, non vedo infatti la differenza dal consentire l’arricchimento  soltanto ai Comuni!


Franco Fellicò 

domenica 6 ottobre 2019

Trovati 23 miliardi!


Si. Proprio così ha detto Giuseppe Conte ai giornalisti qualche giorno fa in una intervista nei pressi di Palazzo Chigi!

Quasi come se, cercando in qualche cassetto dimenticato, lui avesse scoperto che la cifra ritenuta necessaria, fosse proprio lì dimenticata!

Ma prima di continuare vorrei proporvi un inciso che ha l'obiettivo di chiarire bene di che cosa stiamo parlando:



Quelli che non sono giovanissimi ricorderanno che prima dell’avvento dell’EURO la nostra valuta era la LIRA e che un Euro vale 1.936,27 Lire.


Dunque 23 miliardi di Euro sono esattamente 44.534,21 miliardi di Lire.


Vorrei ora ricordare, sempre a coloro che non sono giovanissimi, che la MANOVRA più ardita dei nostri Governi del periodo in cui vigeva la Lira, se non ricordo male, fu di 110 miliardi di Lire; i MANOVRATORI di oggi quindi ci stanno parlando “allegramente” di una MANOVRA che vale 405 volte quella più elevata del passato!


Vi rendete conto di quale potere si sono impossessati gli attuali governanti, che oltre tutto non sono stati neanche delegati direttamente da noi?



Ma ora chiudo l'inciso e riprendo il discorso che volevo fare.

Bisogna aver paura quando i nostri governanti trovano i miliardi di euro, perché è certo che li hanno “trovati” nelle nostre tasche; saranno le tasche dei più ricchi, quelle di tutti o solo di qualche categoria sfortunata, ma è certo che il luogo in cui “trovano” quei soldi ci riguarda sempre da vicino!

Per quante ricerche abbia fatto io non sono riuscito a capire dove sono stati “trovati” tutti quei miliardi e l’esperienza mi dice che quelli della casta avranno messo in cantiere l’ennesima “presa per i fondelli”; nel frattempo cercano di convincerci con tutto lo strombazzamento dei media che le tasse stanno diminuendo, che qualche tassa è stata eliminata ed invece le hanno solo cambiato nome aumentandola o che è semplicemente stato eliminato qualche incentivo; in ogni modo quello che è certo invece è che se i 23 miliardi non sono stati veramente trovati giacenti in un cassetto, è sicuro che in un modo o nell’altro li dovremo cacciare noi!

Si dice che il nostro tenore di vita è superiore a quello che ci possiamo permettere e si invitano i cittadini a “tirare la cinghia” e a rinunziare a qualcosa per far sopravvivere la nazione. Ma lo Stato invece continua a sperperare danaro creando anche nuove forme di assistenza o nuovi servizi costosi; e per continuare a farlo pretende che la cinghia la tirino soltanto i sudditi mentre lui si guarda bene dal mettere in cantiere una qualunque forma di risparmio.

Nessuno ha mai pensato che le spese si dovrebbero fare solo quando si ha la disponibilità economica e che i servizi esistenti si dovrebbero accontentare delle disponibilità che si hanno; il sistema è invece capovolto; infatti prima si decide quanto occorre per sostenere le spese dei servizi esistenti, poi vi si aggiungono le spese necessarie per i nuovi servizi e le nuove assistente e infine si vanno a “cercare”, ovviamente nelle tasche dei cittadini, le risorse economiche anche a rischio di farli fallire.

Ho sempre sperato che uno dei tanti Governi che in Italia si succedono continuamente,  prendesse la decisione di ragionare correttamente; e cioè prima tassare i cittadini non da strozzini ma in una maniera onesta, e poi utilizzare i proventi ottenuti distribuendo le disponibilità tra i servizi esistenti ed anche eventualmente nuovi.
Ma nessuno vuol ragionare così; l’abitudine comune a tutti è quella di “trovare” le “coperture” solo dopo aver deciso quali servizi offrire alla cittadinanza (e molto spesso si tratta di servizi non indispensabili ma utili soltanto a far guadagnare consensi); e in molti casi, quando non si ha la faccia di chiedere nuovi sacrifici ai sudditi, si fissa un introito da raggiungere nell’anno successivo, pur sapendo che è impossibile raggiungerlo, e si vara una “clausola di salvaguardia” cioè una enorme stangata che dovrà scattare SOLO SE quell’obiettivo IRRAGGIUNGIBILE non dovesse essere raggiunto!

E’ un modo per mettere nei guai il governo, probabilmente diverso, che allo scadere della data fissata sarà costretto ad applicare la clausola o a “trovare” i necessari miliardi in qualche altra tasca che è sempre più facile sia ormai vuota.

Avete mai visto che una clausola di salvaguardia non è scattata perché l’obiettivo fissato era stato raggiunto? Non è accaduto mai, il che dimostra che gli obiettivi fissati sono ASSURDI e rivelano soltanto che tutti i Governi, credendo di fare i furbi, pensano che non ci accorgiamo che “intendono prenderci per i fondelli”.

Questo è un andazzo che non cambia mai; a dispetto di tutti i “cambiamenti” promessi da ogni nuovo governo.

Franco Fellicò





mercoledì 2 ottobre 2019

La fotocamera. Un altro assurdo che tarda a cambiare



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Mi è sembrato che l’articolo sull’automobile è stato apprezzato e allora ho deciso di dare il via anche ad altri scritti che analizzano anche altri casi di situazioni in cui la “tradizione” frena la logica evoluzione che dovremmo attenderci.
Ho allora rispolverato un mio vecchio scritto (del 14 marzo 2016) che critica i produttori di macchine fotografiche che, probabilmente spinti dall’interesse del business, continuano a mettere sul mercato macchine molto costose e poco pratiche.
Eccolo esattamente come era:   

La macchina fotografica che vorrei avere
Sono un anziano signore che tra gli altri hobbies ha anche quello della fotografia; non sono assolutamente un professionista, ma mi piace scattare foto e ritrarre per lo più panorami, ma anche piccoli oggetti e qualche volta anche persone.

Ho a lungo utilizzato macchine fotografiche con pellicola prima in bianco e nero e poi a colori e sono stato tra i primi ad acquistare una macchina digitale: era una Kodak da 2 Megapixel; la pagai un milione e 200 mila lire!

Da quel momento le mie macchine digitali si sono susseguite e ho avuto prima una 8700 Nikon, poi una D80 ed infine una D7000 sempre Nikon.

Sono tutti begli oggetti e mi hanno dato molte soddisfazioni, ma la macchina ideale, quella che mi piacerebbe avere ed usare, purtroppo non esiste.

Se infatti vuoi migliorare ed avere delle macchine di livello superiore, non hai difficoltà a trovarle sul mercato, ma per progredire non hai altra scelta che orientarti verso le REFLEX.

I grandi fotografi e i professionisti infatti prediligono quelle e spendono migliaia e migliaia di euro per dotarsene.

Io invece giocoforza sono passato ad usarle, ma soltanto perché le belle caratteristiche che desidero avere si trovano esclusivamente in quel genere di apparecchi. Ma accanto a quelle sofisticate funzioni devo anche sopportare i grandi svantaggi che una reflex al giorno d’oggi impone, nonché l’alto prezzo che viene giustificato dai fabbricanti per la complessa tecnologia e la precisione dei componenti di cui sono dotate.

Ripeto che non sono un professionista, ma credo di poter fare un discorso logico e poter dimostrare quanto sia anacronistica la REFLEX nell’era digitale e quanto più valida è la soluzione delle “compatte” che però sembrano esser relegate dal mercato a delle cenerentole non in grado di competere con le vere macchine professionali.

Ma veniamo al dunque. La reflex nacque molti anni fa e rappresentò una ingegnosa sofisticazione che consentiva di evitare l’errore di parallasse che i mirini delle vecchie macchine avevano.

Infatti inizialmente ogni fotocamera era dotata oltre che dell’obiettivo attraverso il quale le immagini venivano inviate sulla pellicola sensibile, anche di un mirino ottico per inquadrare la scena da riprendere; il mirino era necessariamente posto in una posizione diversa dell’obiettivo e questo provocava un errore di parallasse che diventava tanto più evidente quanto più il soggetto era vicino.

Ciò si traduceva in un errore nell’inquadratura che non risultava mai essere perfettamente la stessa di quella ripresa dall’obiettivo.

L’idea che risolse questo problema spinse a decidere di trovare un modo di far vedere dall’operatore l’immagine da riprendere proprio attraverso l’obiettivo da cui poi la stessa sarebbe stata inviata verso la pellicola impressionabile.

Per far ciò si utilizzò un prisma e uno specchietto che consentiva alla immagine da riprendere di essere proiettata con uno specchietto dietro l’obiettivo non verso la pellicola ma verso un prisma che poi lo avrebbe mandata verso l’occhio dell’operatore.
Ovviamente però quando dopo aver inquadrata  la scena l’operatore premeva il pulsante di scatto si doveva far spostare lo specchietto in maniera tale da far sì che l’immagine questa volta fosse proiettata non più verso il mirino, ma verso la pellicola.
Si può subito immaginare quanto perfetto dovesse essere tutto questo meccanismo che doveva funzionare anche molto rapidamente. Alla pressione del tasto di scatto Il classico “clac” era la chiara dimostrazione dell’azione su descritta.

Ma attenzione, il meccanismo non era solo questo appena descritto, perché ci si rese conto che se si voleva scattare una foto con un diaframma molto stretto per ottenere una maggiore profondità dell’immagine da riprendere, la luminosità dell’obiettivo sarebbe stata ridotta così tanto da essere poco chiara quando proiettata verso il mirino.
E allora, meraviglia delle meraviglie, si complicò ancora tutto il meccanismo facendo in modo che quando l’immagine era proiettata verso il mirino, l’apertura del diaframma fosse sempre massima e solo al momento dello scatto e in contemporanea con lo spostamento dello specchietto venisse diaframmato l’obiettivo all’apertura impostata manualmente o decisa dagli automatismi; solo dopo tutto ciò, l’obiettivo che ormai dirigeva l’immagine verso la pellicola veniva aperto per il tempo di esposizione impostato o calcolato.

Capite che complicazione? Solo una tecnologia di precisione riusciva a realizzare tutto ciò e ovviamente i costi di una così complessa e perfetta macchina non potevano che essere ben maggiori di una macchina non reflex.

Ma ovviamente i professionisti e anche i fotografi dilettanti di più alto livello non poterono fare a meno di utilizzare questi meravigliosi oggetti e si sobbarcarono volentieri a subirne anche gli alti costi.

Ma accanto a questa vera rivoluzione si approfittò anche per dotare queste macchine di alto livello anche di un’altra bella caratteristica e cioè di dotarle di obiettivi intercambiabili; si poteva così acquistare il solo corpo di una reflex e poi una serie di diversi obiettivi dal grandangolo al tele più o meno potente di modo che si potevano fare foto di soggetti molto diversi “semplicemente” cambiando gli obiettivi; bisognava spostarsi con una valigetta piena di questi accessori, ma si potevano fare foto di panorami, macrofoto e anche foto di oggetti molto distanti.

Ma mentre queste macchine continuavano a progredire accaddero due cose molto importanti: nacquero gli obiettivi zoom cioè a focale variabile e l’elettronica si inserì prepotentemente anche nel mondo della fotografia.

Gli obiettivi zoom, sempre più sofisticati e con una variabilità di focale sempre maggiore in effetti riuscivano ad evitare il fastidioso cambio di obiettivi e consentivano rapidamente di riprendere scene vicine e lontane senza dover levare e mettere continuamente obiettivi diversi.

L’uso dei sensori digitali in luogo della pellicola consentì invece di ottenere delle immagini immediatamente, senza più attendere lo sviluppo e la stampa per vedere i risultati.

E’ ovvio che non si poteva continuare quindi a sopportare né i costi delle pellicole, né i tempi e i costi necessari per lo sviluppo e la stampa e quindi, dopo qualche anno in cui gli ultimi scettici e tradizionalisti si convinsero che la pellicola chimica era stata assolutamente superata, le macchine fotografiche diventarono TUTTE digitali.

Ma ormai anche se le macchine professionali utilizzano obiettivi intercambiabili, sono ben pochi quelli che si dotano di una serie di obiettivi a focale fissa, ma i più acquistano un obiettivo a focale variabile che copra la maggior parte delle proprie esigenze, lo monta sulla macchina e non lo toglie più.

L’obiettivo intercambiabile è quindi morto almeno per il suo uso tradizionale, ma ha ancora una certa utilità soltanto perché in questo modo chi acquista una macchina è in grado di scegliersi l’obiettivo che più gli piace, dopo di che lo lascia montato per sempre o quasi.

Ma la cosa che invece pure doveva morire e invece i fabbricanti continuano ad imporre, è la tecnologia reflex; essa non solo contribuisce fortemente ad elevare il costo delle macchine, ma crea solo problemi inutili e aggiunge soltanto molti svantaggi pratici che viceversa non ci sarebbero.

Nella mia macchina ideale l’obiettivo dovrebbe oggi tornare a funzionare come le prime macchine non reflex e il problema di parallasse sarebbe eliminabile molto più facilmente che con il meccanismo delle reflex in quanto la superficie sensibile di un sensore digitale è in grado di fornire ad un mirino elettronico l’immagine che su di essa è proiettata; intendo dire che mentre si inquadra una immagine è sicuramente possibile anche vederla, e vederla esattamente così come il sensore la sta ricevendo e quindi come poi sarà esattamente registrata al momento dello scatto. E poiché le informazioni viaggiano lungo un filo elettrico il mirino può essere oltre tutto raggiunto facilmente e senza bisogno né di specchi né di prismi.

Quello che dico è ciò che è avvenuto nelle prime videocamere dove l’immagine vista dall’obiettivo era anche visibile in un mirino elettronico (un piccolo display dietro una lente a cui appoggiare l’occhio).

Con un mirino elettronico, che oltre tutto può essere anche posto senza problemi su una struttura mobile, l’inquadratura, i colori, la luminosità, il fuoco ed ogni altra caratteristica dell’immagine sarebbe vista esattamente come la sta vedendo il sensore e dunque solo quando l’operatore è soddisfatto può decidere di registrarla con una pressione sul tasto di scatto.

Ma non basta, l’immagine è visibile sempre, sia prima che durante che dopo la registrazione, mentre nelle macchine reflex si vede una immagine attraverso l’obiettivo (e cioè attraverso specchio e prisma)  e solo dopo lo scatto si può verificare come la stava vedendo il sensore.

In più con il mirino elettronico l’immagine potrebbe essere inviata anche ad un display più grande magari snodabile per cui diventa facile anche fare una foto stando in mezzo ad una folla semplicemente alzando la macchina in alto con il display rivolto verso il basso, cosa non possibile con la reflex perché con essa l’occhio per inquadrare deve necessariamente essere appoggiato alla macchina.

E ancora, nel caso di una macrofotografia dovendo fotografare una formica non sarebbe necessario sdraiarsi per terra con la faccia attaccata alla macchina, ma usando il display snodabile si potrebbe inquadrare la scena con comodità.

Ma visto che ci siamo e che sto parlando di una macchina ideale che non c’è, provo anche ad immaginarne una cha abbia anche il mirino estraibile; infatti trattandosi di un piccolo display digitale esso potrebbe essere sfilato dalla sua sede e giungere fino all’occhio dell’operatore rimanendo collegato alla macchina con un  filo sottile (e perché no, magari via bluetooth, quindi senza neanche il filo) e consentire a chi vuol fotografare una formica di vedere benissimo il soggetto senza interferenza alcuna della luce esterna.

Bene, tutto questo non con un incremento dei costi, ma invece con una sicura diminuzione, perché l’eliminazione dello specchio, del prisma, del mirino ottico e del complesso meccanismo reflex, costerebbe abbondantemente meno.

E l’obiettivo intercambiabile? Bene quello lo lascerei, ma al solo scopo di poter scegliere l’obiettivo zoom più adatto alle proprie esigenze e lasciarlo montato per sempre sulla macchina.

Questa macchina ideale, molto più simile alle compatte, ma dotata di tutte le sofisticazioni delle attuali reflex (eccetto il maledetto specchietto) sarebbe infine meno costosa, meno complessa e anche più leggera pur offrendo i tanti vantaggi di cui ho parlato.

Non voglio dimenticare di osservare che per aggiungere la possibilità di realizzare dei filmati nelle macchine reflex si è dovuto ricorrere proprio al sistema che io sto immaginando e cioè ABOLENDO l’utilizzo del complesso meccanismo reflex e inviando l’immagine vista dal sensore direttamente sul  display normalmente destinato soltanto alla visione delle foto dopo lo scatto.

Il fatto di VEDERE esattamente ciò che vede il sensore potrebbe consentire ulteriori sofisticazioni nel software; se chi mi legge usa Photoshop per rifinire le immagini, capirà che molte delle funzioni che si usano con quel programma potrebbero essere inserite nel software delle fotocamere e quindi l’operatore, guardando nel mirino, potrebbe avere la possibilità di correggere le deformazioni che l’obiettivo induce o modificare l’eccesso di ombre o modificare luminosità e contrasto e tanto altro, ancor prima di scattare.

Tutte queste cose sono IMPOSSIBILI con le attuali reflex proprio perché l’immagine che si inquadra non è quella stessa che poi impressionerà il sensore! Ma è una immagine vista otticamente a mezzo di un complicato meccanismo.

Ora i vari produttori stanno pensando a quello che ho detto, e la stessa Nikon ora comincia a parlare di macchine che assomigliano di più a quella che ho immaginato io; le chiamano MirrorLess per evitare di dire che si tratta dell’evoluzione delle compatte!
Ma comunque i produttori insistono nel far evolvere ESCLUSIVAMENTE le REFLEX e a mio avviso lo fanno soltanto per vendere macchine più costose e guadagnare di più; io li capisco perché questo è il mondo del business, ma quello che non accetto è che tanti bravi professionisti hanno abboccato alla manovra ed inneggiano alle reflex invitando continuamente “i veri fotografi” a servirsene.

Ma perché pagare di più ed avere di meno? L’unica risposta possibile è che le fabbriche desiderano vendere oggetti complicati e costosi anche se meno performanti.
Ma sono certo che se qualcuno mi ascolterà, venderà molto di più e costringerà anche tutti gli altri ad allinearsi. Occorre però anche che i professionisti la smettano di pensare esclusivamente alle reflex ed ad osannarle.

Una considerazione finale
Per consentire alle auto di muoversi si è passati dal motore a vapore a quello a scoppio e anche diesel; sono comunque tutti motori alternativi e si sono dovuti superare tutti i problemi della trasformazione del movimento da alternativo a rotativo; si è dovuto utilizzare un albero di trasmissione per portare il moto alle ruote motrici, a causa della scarsa potenza dei motori allo spunto è stato necessario introdurre il cambio che ha richiesto a sua volta la frizione; per la necessità di trasferire in curva in maniera diversa il moto alle ruote motrici è stato necessario inventare il differenziale. La tecnologia ha trovato quindi le soluzione a tutti i problemi ovviamente aggiungendo complessi meccanismi a tutte le vetture.

Oggi siamo alla vigilia di una trasformazione epocale in cui il motore delle auto sta per essere sostituito da alcuni motori elettrici; la tecnologia si dovrà occupare di altri problemi, come migliorare sempre più le batterie necessarie per aumentare l’autonomia e ridurre i costi, ma in cambio ci sarà una drastica riduzione della complessità dell’intera vettura. Infatti non servirà più il cambio né la frizione perché i motori elettrici forniscono proprio allo spunto la loro maggiore potenza; non occorrerà più né l’albero di trasmissione, nè il differenziale perché il moto sarà trasferito direttamente dal singoli motori a ciascuna ruota motrice.

Nessuno dei tecnici e neanche nessuno degli utilizzatori, immaginerà mai una vettura elettrica completa di albero di trasmissione, differenziale, cambio manuale o automatico e frizione.

Ebbene, a me sembra che accettare che una macchina fotografica digitale, e anzi quella da considerare la più perfetta e la più professionale, sia quella COMPLETA DI DISPOSITIVO REFLEX, equivale nel campo automobilistico a considerare VERE AUTO ELETTRICHE solo quelle complete di albero di trasmissione, differenziale, cambio e frizione.

E quello che mi meraviglia moltissimo è il convincimento soprattutto dei professionisti della fotografia che considerano ancora indispensabile quel costoso dispositivo ormai inutile.

Inviai questo scritto anche a Nital (Il concessionario italiano di Nikon) che inizialmente preferì non rispondermi; ma io insistetti ed allora, senza giustificare in alcun modo il motivo per cui  le caratteristiche professionali erano presenti solo sulle loro REFLEX, mi scrisse soltanto che nel loro catalogo esisteva anche una macchina “compatta” NON REFLEX, trascurando però il fatto che si trattava di una macchina dalle caratteristiche molto inferiori alle costose reflex.

Franco Fellicò

martedì 1 ottobre 2019

L’automobile …ieri, oggi e domani



Sono da molti anni un entusiasta dell’auto e un suo grande ammiratore e ho sempre seguito con interesse la sua evoluzione, ciò non toglie che analizzando la sua crescita ho sempre sperato in un cambiamento sostanziale che ha sempre tardato a venire.

Questo piccolo articolo vuole chiarire cosa intendo dire e vuole sottolineare che finalmente il momento che attendevo è ormai finalmente arrivato!

Probabilmente vi sembrerà strano vedere questo documento insieme agli altri di questo BLOG, ma alla fine vi convincerete che parla anch’esso di un “assurdo” con il quale tutti noi conviviamo da tanti anni. Ed ecco qui di seguito i motivi di questo assurdo.

Se escludiamo il “Carro di Cugnot” come primo veicolo a trazione non animale che fu ideato nella seconda metà del 1700, la maggior parte dei veicoli a motore sono sati costruiti a partire dalla seconda metà del 1800; essi utilizzavano inizialmente motori a vapore, poi a scoppio e poi anche diesel.

Quei motori (mi riferisco in particolare a quelli a scoppio alimentati per lo più a benzina e quelli Diesel alimentati a gasolio) sono in essere ancora oggi e equipaggiano TUTTE le nostre automobili ormai da circa un centinaio di anni.

Intendiamoci, c’è una grande differenza tra un motore a scoppio o diesel di cento anni fa e quelli di oggi, ma SEMPRE si tratta di motori alternativi cioè di motori che riescono a far muovere le vettura partendo da un movimento alternativo.

Ci sono sempre due o più cilindri nei quali dei pistoni vanno su e giù molto velocemente spinti in basso da scoppi continui di una miscela di aria e benzina o gasolio nebulizzati; quei pistoni sono collegati ad un albero motore (detto a manovelle o a collo d’oca) che trasforma il movimento alternativo in movimento rotativo.

Dal primi motori ad oggi nulla è cambiato in questo, anche se ci sono state enormi migliorie nella realizzazione di questi dispositivi che hanno mirato a renderli sempre più efficienti, meno rumorosi e più potenti; ma non dimentichiamoci, i pistoni che vanno su e giù cim sono sempre e questo è un assurdo, visto che i pistoni si spostano velocemente per un tratto di qualche decina di centimetri per poi fermarsi bruscamente, risalire e ripartire nuovamente verso il basso. L’efficienza di un simile meccanismo e bassissima ed infatti c’è una enorme perdita di energia dovuta ad ogni brusco arresto dei pistoni quando sono nel “punto morto” superiore ed inferiore.

Per questo, i motori a scoppio anche moderni hanno un rendimento che è intorno  al 30% (e questo significa che solo il 30% dell’energia consumata viene effettivamente utilizzata); e non basta perché di quel 30% di energia utilizzata se ne perde ancora altra per gli attriti di tutti i meccanismi che sono frapposti tra l’albero motore e le ruote oltre a quella che si spreca quando si utilizzano i freni per ridurre la velocità della vettura.

Ma se esaminiamo un po’ meglio tutti quei meccanismi troviamo che gli ingegneri ne hanno inventati moltissimi, alcuni indispensabili ed altri utili, ma tutti sono serviti a rendere sempre più complesso tutto l’apparato che consente di far muovere le nostre vetture.

Considerato che la velocità di rotazione dell’albero motore doveva essere demoltiplicata prima di essere applicata alle ruote è stato necessario inventare il CAMBIO e cioè un meccanismo che consentisse di demoltiplicare non sempre della stessa entità la rotazione dell’albero motore; infatti bisognava demoltiplicarla molto all’avvio della vettura perché occorreva maggiore potenza e minore velocità, e poi man mano che la vettura acquistava velocità si poteva demoltiplicare meno, ottenendo meno forza e più velocità; gli ingegneri hanno ottenuto questo con il cambio prima a 3 velocità, poi a 4, poi a 5 e poi anche a 6 marce.

Un motore così concepito o è fermo oppure quando è in funzione fa girare l’albero motore da un minimo di 800 giri al minuto fino ad un massimo di alcune migliaia di giri al minuto e allora bisognava risolvere un altro problema; come fare per applicare improvvisamente una rotazione sia pure  molto demoltiplicata alle ruote? Non era certo possibile applicarla  di colpo facendo sobbalzare all’avvio la macchina e allora è stato necessario inventare un altro dispositivo, la FRIZIONE che consente di applicare “dolcemente”  la rotazione iniziale alle ruote e che può anche servire a “staccare” il motore dalle ruote al momento in cui viene cambiata una marcia con la successiva o la precedente.

C’erano però ancora altri problemi da risolvere; il motore in genere era anteriore e le ruote motrici erano per lo più posteriori ed allora occorreva portare la rotazione verso il posteriore della vettura e quindi è stato necessario utilizzare un ALBERO DI TRASMISSIONE che partendo dalla frizione giungesse fino all’altezza delle ruote posteriori; e ancora, poiché nelle curve succede che la ruota motrice posteriore che capita all’interno della curva deve compiere delle rotazioni inferiori a quelle che deve compiere la ruota posta all’esterno della curva, è stato necessario inventare il DIFFERENZIALE e cioè un complicato meccanismo che con parecchi ingranaggi consentisse all’albero motore che gira ad una certa velocità di trasferire una diversa velocità di rotazione alle due ruote posteriori.

Insomma di complicazioni ce ne sono state moltissime e sono state tutte affrontate e superate dagli ingegneri che hanno ideato appositi meccanismi per risolvere i tanti problemi.

Ma non basta, perché di complicazioni ce ne sono ancora tante altre; infatti il continuo saliscendi dei pistoni e anche gli scoppi necessari a farli muovere, creano una grande quantità di calore che occorre smaltire in qualche modo per evitare che l’insieme si riscaldi fino al punto di fondere; ed allora è stato necessario realizzare tutto un sistema di lubrificazione che utilizzando una certa quantità di olio contenuto nella COPPA DELL’OLIO deve essere distribuito verso tutte le parti in movimento ed inoltre, sempre per evitare che l’intero motore si surriscaldasse è stato necessario realizzare un raffreddamento a mezzo di acqua che deve circolare forzatamente con l'aiuto di una POMPA in una intercapedine del monoblocco; per evitare poi che anche l’acqua arrivasse all’ebollizione è stato necessario inventare il RADIATORE e cioè un dispositivo nel quale l’acqua di raffreddamento viene a sua volta raffreddata a mezzo di aria forzata parte proveniente da una apposita ventola e parte proveniente dall’estero a causa dello stesso movimento in avanti delle vetture.

Vi rendete conto quanti dispositivi servono in una auto moderna? E poi non credo che vi siete dimenticati che è stata necessario dotare ogni vettura di un MOTORINO ELETTRICO DI AVVIAMENTO per far partire i motori a scoppio o diesel e ovviamente anche di una batteria per alimentare detto motorino oltre che tutti i  dispositivi elettrici presenti in un’auto; e per evitare che la batteria si scaricasse  è stato necessario anche utilizzare un ALTERNATORE e relativo dispositivo di conversione della corrente alternata in corrente continua per ricaricare la batteria; e per far girare l’alternatore lo si è collegato all’albero motore a mezzo di una particolare CINGHIA.

Nei motori a benzina per alimentare con la miscela aria-benzina le camere di scoppio, occorreva far arrivare (inizialmente per caduta e successivamente con una apposita POMPETTA) la benzina dal SERBATOIO al CARBURATORE  e cioè ad un dispositivo che aspira aria e una certa quantità di carburante in funzione di una FARFALLA che si apre e chiude comandata dal pedale dell’acceleratore; poi successivamente il carburatore è stato sostituito quasi totalmente dagli INIETTORI e da un’apposita POMPA AD ALTA PRESSIONE  che inietta con forza  la benzina polverizzata nella camera di scoppio; ma come accendere la miscela? Ci sono volute le CANDELE cioè piccoli dispositivi capaci di generare delle scintille tra due elettrodi; e per produrre le scintille è stato necessario innalzare la tensione della batteria con una BOBINA e distribuirla alle candele di ogni cilindro al momento opportuno compito affidato al DISTRIBUTORE; tutto questo insieme è stato poi pian piano sostituito da un SISTEMA ELETTRONICO che si occupa a tutt’oggi di generare ai momenti opportuni una scintilla con una tensione ad alta frequenza.

Per i motori diesel invece le candele non sono mai servite in quanto l’accensione della miscela aria-gasolio avviene quando gli iniettori iniettano il gasolio polverizzato nella camera di compressione dove l’aria è già ad una temperatura molto alta per la forte compressione e può così incendiarsi.

Ma dove dovevano finire i gas di scarico prodotti dalla combustione e come ridurre la rumorosità dei motori? La soluzione è stata un condotto di scarico con una MARMITTA in cui i gas di scarico possono raffreddarsi prima di essere rilasciati all’esterno; e poi per evitare di emettere con i gas di scarico troppe particelle inquinanti è stato necessario inserire nella marmitta anche un CATALIZZATORE che catalizzasse quelle particelle e per i motori diesel anche un FILTRO ANTI-PARTICOLATO per bloccare la fuoriuscita delle polveri sottili (PM10).

Vi ho fatto ripercorrere buona parte dei problemi che gli ingegneri hanno dovuto risolvere  per far si che l’automobile così come la vediamo oggi faccia il suo lavoro, ma di dispositivi utili ce ne sono ancora tanti e non voglio continuare; non continuo anche perché penso che quello che ho ricordato ai lettori sia sufficiente per poter dire che l’automobile di oggi è un insieme di dispositivi tutti necessari e per far capire che le nostre vetture  sono oggetti molto complessi e quindi costosi; sono anche molto sprecone perché utilizzano solo una piccola parte dell’energia che consumano; il rendimento del motore è basso e si aggiungono, come ho già detto, tanti altri sprechi dovuti alla grande quantità di attriti dei vari dispositivi oltre all’energia che si perde tutte le volte che azioniamo i freni per rallentare.

Voglio solo ricordare ancora che in questi ultimi tempi si sta sempre più diffondendo anche nel nostro Paese il CAMBIO AUTOMATICO; esso ci consente di evitare di dover cambiare le marce a seconda della velocità desiderata e della pendenza delle strade da percorrere; è così scomparso in molte vetture il pedale della frizione, mentre la leva del cambio non ha più tante posizioni quante sono le marce oltre alla posizione di FOLLE, ma soltanto tre posizioni: PARKING, AVANTI, INDIETRO per poter rispettivamente rimanere fermi con il motore in moto, per andare avanti o per andare indietro; questa è una notevole semplificazione per chi guida ma è un’ulteriore complicazione che si aggiunge ai tanti dispositivi già esistenti; infatti il cambio diventa molto più complesso di prima, gli ingranaggi aumentano perché le marce essendo automatiche vengono spesso aumentate (si arriva anche a 9 marce); la frizione rimane e si aggiunge anche tutto l’apparato necessario meccanico ed elettronico per azionare sia la frizione che il cambio automaticamente in funzione della velocità voluta dal guidatore e della pendenza delle strade.

Sono sicuro che nessuno di noi automobilisti pensa a tutte queste cose mentre viaggia comodamente seduto al volante della sua bellissima auto moderna; ma le cose stanno proprio così; gli ingegneri si sono dati molto da fare, hanno risolto brillantemente tutti i problemi e ci hanno reso anche più semplice la guida, ma questo non toglie che l’auto anche moderna è un complesso insieme di parti che oserei dire anche poco intelligente che è diventato tale per non aver voluto mai tentare di trovare una soluzione complessiva più logica del motore termico.

Solo una volta c’è stato un piccolo tentativo quando nel 1963 la NSU tentò di mettere sul mercato un motore non alternativo ma rotativo (il motore Wankel), seguita nel 1971 dalla Citroen; ma ben presto questo motore non alternativo scomparve dalla scena un po’ per la difficoltà di lubrificarlo e un po’ perché fagocitato dal motore più tradizionale.

Ma oggi finalmente sembra che ci si sia messi sulla buona strada; l’auto elettrica è la vera soluzione a tutti i problemi; io avevo confidato molto su questa possibilità, tanto che nel 1993 quando acquistai la mia villetta a Gaeta chiesi ed ottenni dall’ingegnere costruttore di farmi mettere una canalina sotterranea di una decina di metri, che partendo dal mio contatore giungesse fino al mio posto macchina; lui mi chiese il perché, ed io gli risposi: “Perché entro 10 anni io avrò una vettura elettrica da caricare”.

La mia previsione si dimostrò errata perché, forse per la resistenza dei petrolieri,  le case costruttrici continuarono imperterrite a produrre solo vetture con motori a scoppio o diesel.

Ma oggi, vista anche l’attenzione che sempre più si ha per la riduzione delle emissioni di gas di scarico, la strada dell’elettrico l’hanno intrapresa proprio tutte le case produttrici di auto.

Ogni giorno sentiamo di una nuova vettura elettrica disponibile e naturalmente anche per esse ci sono dei problemi; essi sono al momento: la scarsa autonomia, la carenza di posti per la ricarica, i tempi necessari alla ricarica e il costo che hanno attualmente.

Possiamo avere certezza che negli anni prossimi si risolverà il problema dell’autonomia  e anche quella delle colonnine per la ricarica e dei tempi di ricarica; rimane il problema dei costi che attualmente sono maggiori di una autovettura a motore termico.

Ma prima di dissertare sui costi voglio provare a dimostrare perché finalmente siamo sulla strada buona, elencando tutti i pregi di una vettura totalmente elettrica; lo faccio perché sono sicuro che non tutti hanno chiaro quale grande passo avanti si sta per compiere.

Il motore elettrico è una realtà da tanti anni e nella locomozione è stato adottato da tempo solo sui treni oltre che in alcuni mezzi pubblici (tram e filobus); l’elettrificazione delle vetture non è stato invece affrontato mai seriamente, principalmente per la indisponibilità di batterie capaci di offrire una congrua autonomia.

Ma mettiamo da parte per un po’ questo grosso problema ed esaminiamo i grandi vantaggi che il motore elettrico può offrirci; lo possiamo fare bene ora, dopo la lunga carrellata sulle vetture più tradizionali con la quale ci siamo intrattenuti prima.

La prima cosa da osservare è che il motore elettrico è un motore che genera una rotazione direttamente (non c’è quindi alcun bisogno di trasformare uno stupido movimento alternativo in uno rotativo); quindi non sono più necessarie né bielle né albero a manovelle e lo spreco di energia si riduce enormemente.

Il motore elettrico infatti ha un rendimento altissimo e quindi dal 30% di quello a scoppio si passa a valori che superano anche il 90%.

Il motore elettrico, diversamente dal motore a scoppio, può variare la sua velocità da ZERO a migliaia di giri al minuto e diversamente dall’altro offre tutta la sua potenza anche ad un bassissimo numero di giri; questo consente di poter applicare alle ruote la rotazione da lui prodotta, opportunamente demoltiplicata e in maniera non variabile, abbastanza direttamente e senza bisogno di frizione; basta dosare la corrente applicata al motore con un semplice reostato azionato dal pedale dell’acceleratore per far iniziare la rotazione del motore ad un qualsiasi numero di giri partendo da zero.; non c’è neanche bisogno del cambio perché la potenza del motore elettrico e sempre sufficiente; non c’è bisogno di un albero di trasmissione perché due o più motori elettrici indipendenti possono essere utilizzati per ciascuna ruota motrice e non c’è bisogno di differenziale perché la diversa velocità dei motori può essere realizzata dosando la corrente applicata a ciascun motore a mezzo di un semplice sistema elettronico di controllo; non c'è bisogno di carburatore o iniettori, né di candele, bobine, distributori o centraline per l'accensione elettronica.

Ma non c’è bisogno neanche di tutto l’apparato di raffreddamento (radiatore, ventola, pompa dell’acqua, ecc.) perché i motori elettrici scaldano poco e quindi possono essere raffreddati tranquillamente ad aria.

Anche la lubrificazione necessaria si riduce moltissimo e quindi scompare anche la coppa dell’olio e tutto l’insieme di tubi e pompe per la lubrificazione a cui siamo abituati.

Il motore elettrico non produce emissioni da smaltire e quindi non inquina, ma in più non c’è neanche la necessità di un complesso apparato per lo scarico dei gas combusti, e per effettuare tutto il trattamento di purificazione oggi necessario per legge; e neanche nessuna necessità di silenziare il rumore prodotto, perché il motore elettrico è silenzioso per sua natura.

Non ‘è bisogno di un motorino elettrico per l’avviamento perché il motore elettrico non ha nessuna necessità di essere avviato.

Una vettura elettrica non consuma niente quando è ferma, a differenza delle vetture a motore termico che quando sono ferme ad un semaforo o in un ingorgo per traffico, se sono in moto sia pure al minimo dei giri, consumano (a meno di non utilizzare continuamente il dispositivo Start/Stop che come nuova complicazione è presente in alcuni auto attuali).

Infine c’è una interessante caratteristica dei motori elettrici che non va sottovalutata; esso può addirittura diventare un generatore di energia elettrica se fatto girare meccanicamente in qualche modo; questa caratteristica consente, invertendo il suo funzionamento, di recuperare energia con la quale ricaricare le batterie nel momento in cui si frena; quando si preme sul pedale del freno non saranno solo le pasticche dei dischi a rallentare la vettura ma anche lo stesso motore elettrico che avendo invertito i suo funzionamento frena la vettura e diventa un generatore di energia elettrica; quindi non si perderà completamente tutta l’energia a causa della frenata, si ricaricheranno un po’ le batterie e diminuirà anche il consumo delle pasticche dei freni.

Insomma elettrificare le nostre vetture significa utilizzare meglio l’energia consumata e ridurre enormemente la complessità dei meccanismi il che si traduce anche in una minore necessità di manutenzione e di interventi per la riparazione di guasti; e si dovrebbe tradurre anche in una notevole riduzione anche dei costi di acquisto.

Chi viaggerà in una nuova auto elettrica non si accorgerà che è cambiato niente in quanto a comodità, anzi viaggerà in un’auto molto più silenziosa che parte senza bisogno di accendere il motore, che ha una ripresa notevole, che non emette proprio gas di scarico e che si guida come se fosse dotata di cambio automatico.

Ma ora parliamo di prezzi e ricordiamoci che il motore elettrico su una vettura, almeno attualmente, richiede necessariamente delle batterie (inesistenti nelle macchine a motore termico) che ovviamente hanno un loro costo che è anche abbastanza alto e che possono compensare quasi totalmente quello di tutti gli apparati che non sono più necessari.

Io sostengo che comunque il costo di una vettura elettrica dovrebbe essere assolutamente MINORE di quella di una corrispondente vettura a motore termico, ma in pratica vediamo che finora tutte le case costruttrici pretendono di venderle invece ad un prezzo maggiore; probabilmente lo fanno perché intendono ammortizzare molto rapidamente gli investimenti fatti per convertire delle linee di produzione o per averne istituite delle nuove, o anche magari per realizzare maggiori guadagni, ma io penso di aver ragione e posso anche dimostrarlo.

Per farlo voglio prendere in esame una vettura e precisamente una vettura Plug-in (o PHEV).

Questo tipo di vettura ha un motore a benzina e ovviamente anche tutti i dispositivi di un'auto moderna tradizionale, ma ha anche uno o più motori elettrici in aggiunta, che intervengono in particolari condizioni e con i quali si può viaggiare anche per una cinquantina di chilometri in modalità elettrica pura.

Ne prendo una ad esempio (la KIA NIRO PLUG-IN) prezzo di listino di € 36.700 che ha un costo non molto dissimile da una vettura simile visto che è dotata di serie di un cambio automatico a 6 rapporti e doppia frizione, un sistema completo di interconnessione e navigazione, climatizzatore automatico, smart key, chiusura centralizzata, 7 airbags,  sistema di rilevamento stanchezza, frenata di emergenza e rilevamento pedoni, Lane Keep Assist, ABS e altri dispositivi di sicurezza, luci diurne, fendinebbia, ecc. e che può percorrere circa 58 chilometri in modalità elettrica pura.


Questa vettura dispone però di tutto quanto occorre per viaggiare elettricamente (batteria compresa) oltre a disporre di tutto ciò che è presente in una buona macchina a motore termico.


Ora mi sembra impossibile che la presenza di una batteria un po’ più capiente di quella già esistente che possa estendere l’autonomia dai 58 chilometri a qualche centinaio non possa essere abbondantemente compensata dalla eliminazione di motore termico, cambio, frizione, differenziale, sistema di lubrificazione, sistema di raffreddamento, sistema di accensione, motorino di avviamento e di tutti i dispositivi di cui abbiamo abbondantemente parlato.

I prezzi quindi devono scendere assolutamente e ad esempio Volkswagen sembra che abbia deciso di rompere il ghiaccio e di dare il via a questa diminuzione possibile ed indispensabile.

Le batterie nel frattempo diminuiranno di prezzo, offriranno una maggiore autonomia e saranno ricaricabili più rapidamente. E’ noto che ultimamente TATA ha sviluppato una nuova tecnologia denominata Ziptron che la mette sulla buona strada.

Dunque l’era dell’elettrico è iniziata, pian piano tutte le nostre eroiche vetture a motore termico saranno sostituite dalle più intelligenti vetture elettriche e ci guadagneremo tutti, case costruttrici comprese.

Franco Fellicò