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Più
volte ho affermato che nel nostro Paese “la giustizia non esiste” e tra i miei
scritti ci sono infatti tante dimostrazioni (numerate) che lo dimostrano.
Sono
stanco di numerarle anche perché siamo in tanti a condividere l’amara
constatazione di quanto siano ingiuste le nostre regole e di come le leggi
sembra debbano essere rispettate soltanto dai cittadini, o meglio dai sudditi.
Voglio
tuttavia raccontare ancora un fatto di cui sono stato e sono ancora
protagonista direttamente; si tratta di una questione tra me e l’Agenzia delle
Entrate.
Nel
2010 ho aderito ad una offerta del mio ex datore di lavoro che mi ha proposto
di liquidarmi in un’unica soluzione una pensione integrativa di cui ero
titolare. Naturalmente secondo legge il datore di lavoro nel liquidarmi la
cifra, ha calcolato, trattenuto e versato per mio conto all’Erario ben
44.239,46 (il 30,55% del lordo che mi spettava).
Alla
fine del 2014 (dopo 4 anni quindi) l’Agenzia delle entrate mi ha inviato una
“Comunicazione bonaria” nella quale mi
informava che il mio datore di lavoro aveva calcolato male la trattenuta e che
dai loro calcoli invece risultava che per la tassazione separata della cifra
ricevuta, l’aliquota media da applicare non era del 30,55%, ma del 31,26%; per
questo motivo mi invitava a versare altri € 1.028,61 entro 30 giorni!
Entro
i 30 giorni quindi, qualora avessi ritenuto non corretto il loro calcolo, avrei
dovuto dimostrare loro che il calcolo corretto era invece quello utilizzato dal
mio datore di lavoro.
Avendo
molta fiducia nell’operato del mio datore di lavoro (una Banca) ho scoperto che
la differenza dipendeva dal fatto che la banca aveva applicato nel suo calcolo
la cosiddetta “clausola di salvaguardia”, mentre l’Agenzia delle entrate non
l’aveva considerata.
Per
giorni e giorni, recandomi più volte negli uffici dell’Agenzia delle entrate di
Roma 7 ho tentato di dimostrare che la “clausola di salvaguardia, DOVEVA ESSERE
APPLICATA, ma anche il funzionario (M. C.) con il quale alla fine sono riuscito
a parlare, ad ogni incontro di diceva una cosa diversa e mi chiedeva delle
documentazioni sempre nuove che di volta in volta io poi dovevo farmi fornire
dalla banca.
Siamo
andati avanti così per l’intero mese che avevo a disposizione per far valere le
mie ragioni, e alla fine il funzionario (bontà sua) mi ha anche “regalato”
delle proroghe per aumentare il tempo a mia disposizione e fargli avere tutti
i documenti che mi chiedeva.
Gli
ho sempre fatto avere tutto, anche se si trattava di documenti che nulla
avevano a che vedere con la questione, ma alla fine nulla è cambiato, perché la
conclusione è stata che DOVEVO PAGARE e se non l’avessi fatto sarebbero
scattate anche forti multe e la cifra si sarebbe elevata almeno di un altro
50%. L’unica cosa che sono riuscito ad ottenere è stata una rateizzazione in 6
rate da pagare ogni trimestre (con relativi interessi naturalmente in funzione
del ritardo). Ho pagata quindi la prima rata sperando di riuscire nel frattempo
a far valere le mie ragioni.
Ho anche
inviato alla Agenzia di Roma 7 una richiesta in autotutela con tutta la
documentazione del caso chiedendo la cancellazione della richiesta e la
restituzione delle rate pagate, chiarendo che le avevo versate al solo scopo di non
incorrere in sanzioni che avrebbero fatta elevare la cifra pretesa.
La
“letterina bonaria” era stata inviata a tutti coloro che come me avevano
aderito all’offerta di liquidazione e ciascuno di loro era stato invitato a versare la
differenza; tutti i collegi di sventura avevano reagito alla richiesta
scorretta e una parte di essi era stata anche capita dagli uffici del loro territorio che avevano proceduto
a sgravarli dell’onere richiesto.
Per
questo motivo ho avvicinato, tramite il mio commercialista l’ufficio
dell’Agenzia delle entrate di Formia che in un primo momento sembrava disposto
a darmi ragione, ma che successivamente si è dovuto tirare indietro avendo ricevuta
una precisazione dalla Direzione regionale del Lazio che chiariva che la
clausola di salvaguardia poteva essere applicata soltanto per emolumenti
CONNESSI al passaggio in quiescenza e che QUINDI poiché la capitalizzazione
della pensione non aveva questo presupposto, non poteva essere applicata.
In
pratica i signori della direzione regionale hanno confuso il vocabolo della
lingua italiana CONNESSO con il vocabolo CONTEMPORANEO e hanno affermato che poiché
la capitalizzazione della pensione era avvenuto non in concomitanza col
passaggio in quiescenza, la clausola di salvaguardia non poteva essere
applicata.
A
nulla è servito chiarire che anche se la capitalizzazione era stata fatta in un
periodo successivo al passaggio in quiescenza si trattava sempre di EMOLUMENTI
CONNESSI al passaggio in pensione, ma i soloni dell’Agenzia delle entrate non
hanno saputo dire altro che potevo solo ricorrere alla Commissione Tributaria.
Ora
penso che tutto l’accaduto sia chiaro a chi ha letto questo documento fin qui, e allora riporto qui di seguito l’intera
avventura completa di date:
settembre
2010
la
mia pensione integrativa mi è stata
liquidata in un’unica soluzione e per consentirmi di incassarne la capitalizzazione
ho versato allo Stato € 44.239,00 trattenutemi dal mio datore di lavoro in
qualità di “sostituto di imposte”
24
ottobre 2014
ricevo
dall’Agenzia delle Entrata una “lettera bonaria” nella quale mi si dice che
avrei invece dovuto versare euro 45.267,61 e quindi mi si richiede di versare la differenza e cioè ancora altri € 1.028,61 (il calcolo dell’Agenzia delle Entrate è
diverso solo perché non è stata considerata la “clausola di salvaguardia” che
invece secondo legge doveva essere considerata).
dal
25 ottobre 2014 per circa due mesi
mi
reco molte volte agli uffici dell’Agenzia delle Entrate di Roma 7 parlando
anche con un funzionario che mi chiede una infinità di documenti diversi (che
ovviamente sono costretto a richiedere a mia volta al mio datore di lavoro);
ricevo anche ben due proroghe di 30 giorni per avere il tempo di procurarmi i
documenti, ma alla fine il funzionario, diversamente da altri suoi colleghi di
altri uffici territoriali, non mi ascolta e insiste che DEVO PAGARE
dal
29 maggio 2015 al 2 maggio 2016
per
evitare multe salate pago in sei rate trimestrali quanto indebitamente
richiestomi aggiungendovi ovviamente anche gli interessi per un totale di €
1056,11.
23
aprile 2015
richiedo
formalmente in AUTOTUTELA la cancellazione della indebita richiesta e il rimborso delle rate versate, ma l’Agenzia delle Entrate non mi risponde proprio.
31
agosto 2015
faccio
ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso il
silenzio/rifiuto dell’Agenzia delle Entrate 7 di Roma che di contro chiede ai
giudici:
·
Il rigetto dell’istanza
·
La condanna alle spese di giudizio
·
La maggiorazione di esse del 50% per la
rifusione delle spese di mediazione
25
settembre 2017
la Commissione Tributaria Provinciale emette finalmente la sentenza che è A MIO FAVORE
dichiarando quindi che la “clausola di salvaguardia va considerata” e che
quindi il calcolo fatto dal sostituto d’imposta è corretto. Conclude però
dicendo che le spese di giudizio vanno compensate (anche questa decisione dei giudici è vergognosa!)
6
ottobre 2017
il
mio commercialista NOTIFICA. come previsto dalla legge, la sentenza all’Agenzia
delle Entrate di Roma 7 alla quale è dato un tempo di 60 giorni per ricorrere
in Appello o per pagare.
19
settembre 2018
A
PARTIRE DAL 6 GENNAIO L’AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA 7, NON AVENDO FATTO
RICORSO IN APPELLO, AVREBBE DOVUTO QUINDI RIMBORSARMI € 1.065,11 OLTRE AGLI INTERESSI
MATURATI FINO ALLA DATA DEL PAGAMENTO. MA MALGRADO NUMEROSI SOLLECITI A TUTT'OGGI NON SI È ANCORA DEGNATA DI
FARLO; FINORA SONO PASSATI 9 MESI DA QUANDO IL DEBITO E' STATO ACCERTATO E NON HO NESSUNA IDEA SE E QUANDO IL RIMBORSO SARA' FATTO.
PER RIEPILOGARE CI
SONO VOLUTI BEN QUATTO ANNI DALLA LETTERA BONARIA CHE MI CHIEDEVA DI VERSARE
UNA CIFRA NON DOVUTA E CHE HO DOVUTO VERSARE UGUALMENTE PER EVITARE SANZIONI A LIVELLO DI
STROZZINAGGIO.
DOPO
4 ANNI DI TRIBOLAZIONI, SPESE E PREOCCUPAZIONI, PUR AVENDO AVUTO RAGIONE DALLA
COMMISSIONE TRIBUTARIA, L’AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA 7 NON MI RIMBORSA E LA LEGGE SEMBRA ESSERE DALLA SUA PATE VISTO CHE NESSUNA MULTA, NEANCHE MENO PESANTE DI QUELLA PREVISTA PER I CITTADINI RITARDATARI, E’ PREVISTA PER QUELL'ORGANO DELLO STATO.
E NON
MI E’ NEANCHE CONSENTITO DI COMPENSARE LA CIFRA CHE MI E’ STATA ESTORTA, MA
DEVO CONTINUARE A VERSARE LE TASSE DOVUTE PUR ESSENDO UN CREDITORE DELLO STATO PER ORA DA 9 MESI.
Ora se qualcuno che mi legge
ritiene ancora che in Italia "la giustizia esiste" o anche soltanto che "e’ uguale
per tutti", me lo scriva pure con un commento, ma mi spieghi pero’ perché lo
pensa ancora.
MA NATURALMENTE SONO GRADITI
ANCHE I COMMENTI DI CHI CONCORDA!
Franco
Fellicò