mercoledì 24 settembre 2014

La “Costa Concordia”


Siamo ormai prossimi a tre anni dal naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio, ma il processo sulle responsabilità dell’accaduto ancora non si conclude e chissà quanto tempo occorrerà ancora.

Sono morti 32 persone, la nave costata mezzo miliardo di euro è stata anche “ripescata” e portata a Genova da una impresa titanica dal costo di un miliardo e mezzo di euro; sarà anche demolita completamente e il processo invece rimarrà ancora in piedi per chissà quanti anni ancora.

Io credo che anche i bambini possano riconoscere nel comandante Schettino la causa vera della tragedia; difatti NESSUNO PUO’ DISCONOSCERE che il passaggio così vicino alla costa da consentire addirittura ai passeggeri superstiti di raggiungerla a nuoto, è stata ordinata da lui.

Il comandante in effetto ha usato il bellissimo mezzo, con migliaia di vite umane a bordo, come fosse un giocattolo, e ciò solo per dimostrare la sua “bravura” o per soddisfare il piacere di qualche suo amico: NESSUN motivo legato al lavoro di gestione della nave e della sua sicurezza poteva richiedere infatti quel passaggio lungo costa così ravvicinato.

Eppure il processo continua ad andare avanti alla ricerca di possibili diverse responsabilità, e gli avvocati difensori del comandante continuano a cercare e a dimostrare che la nave aveva dei problemi, volendo affermare che la causa del disastro fu causata da quei problemi e non già dalla “stupidità” del loro rappresentato.

Quello che mi meraviglia è che i giudici li seguono, consentendo loro di spostare l’attenzione su fatti diversi da quelli della sfacciata volontà di chi “guidava la nave”.

Insomma a che serve verificare se effettivamente due radar su quattro del transatlantico erano guasti, a sapere che la scatola nera aveva dei problemi e che finanche il pulsante per il comando delle pinne stabilizzatrici era difettoso?

Quali di questi strumenti anche se perfettamente a posto avrebbe potuto evitare l’impatto con lo scoglio quasi sulla riva dell’isola del Giglio? Si vuol per caso dimostrare che il povero comandante Schettino non ha potuto servirsi di quei dispositivi e dunque per questo è finito sullo scoglio?

Ma, premesso che certamente il comandante doveva conoscere l’inefficienza di certe apparecchiature, poteva mai affidare ad esse il compito di non urtare uno scoglio a pochi metri dalla riva?

Insomma, io dico che a monte di tutto c’è la decisione del comandante di “fare la barba” alla costa, decisione insulsa e priva di ogni spiegazione legata alla rotta della nave; ed invece di approfondire questa decisione, si continua a sviare il discorso occupandosi di particolari che nulla avrebbero causato se la nave avesse viaggiato alla distanza regolamentare dalla costa.

L’altra cosa che mi ha colpito in questa vicenda è il comportamento della Guardia Costiera che è stato presentato all’opinione pubblica come eccellente, mentre nessuno le ha mai contestato l’assenza di interventi precedenti nei confronti dei comandanti dei transatlantici per la comune pratica di passare molto vicino all’isola.

Non posso fare a meno di pensare alle innumerevoli volte in cui a Gaeta dove vivo, sono stato apostrofato anche malamente da quegli uomini perchè con la mia piccola imbarcazione di soli 5 metri ero ancorato e fermo, secondo loro troppo vicino alla spiaggia; eppure ero certamente più lontano dalla costa di quanto non lo era quel gigante del mare al momento del naufragio e anche all’incirca alla distanza a cui da tempo le grosse navi passavano vicino all’isola del Giglio; tutto questo non poteva essere non noto alle Capitanerie di Porto; e dunque se questi, avessero diffidato già nel passato i comandanti dal farlo, probabilmente anche Schettino sarebbe stato costretto a rispettare le regole.

Ma la giustizia, che come io dico a tempo: non esiste, continua ad occuparsi di particolari che nulla hanno a che vedere con le responsabilità del comandante.

Franco Fellicò  

lunedì 1 settembre 2014

Il malore di Massimiliano Latorre


Sono ormai DUE ANNI E MEZZO che i due Marò italiani sono ostaggi del governo indiano.

SI, sono in ostaggio con pesanti accuse e sempre in attesa di un processo che non si celebra mai e che certamente è rimandato continuamente soltanto per poterli trattenere in ostaggio ancora.

Si sono succeduti diversi ministri degli esteri e della difesa, ma malgrado le promesse e gli obiettivi sempre dichiarati da tutti, non c’è stato mai nessuno che li ha raggiunti.

Quello che abbiamo visto è soltanto un andirivieni di personalità tra l’Italia e l’India senza che mai un risultato concreto sia scaturito.

Ed oggi a seguito del malore che Massimiliano Latorre ha avuto, a cosa assistiamo?

Ad un immediato ennesimo viaggio del ministro Roberta Pinotti a Nuova Delhi che “preoccupata per l’avvenimento” ha immediatamente deciso di andare di persona a controllare le condizioni dello sventurato militare.

Io non so se il volo è stato fatto con un aereo di Stato o se il ministro (e certamente un suo nutrito seguito) ha utilizzato un normale volo di linea, ma in ogni caso mi donando se tutto ciò è giustificato e se non fosse stato meglio mettere invece i suoi familiari in condizioni di andare a trovare il proprio congiunto.

Vi immaginata “la gioia” del nostro marinaio nel vedere al suo capezzale nientemeno che il Ministo della Difesa? Ma non sarebbe bastata la visita del nostro Ambasciatore a Nuova Delhi e, molto meglio fargli rivedere sua figlia e sua moglie?

Ma questa è l’Italia in cui viviamo, questi sono i Ministri che abbiamo; essi evidentemente hanno così poco da fare che possono prendersi il lusso di organizzare (in men che non si dica) un viaggio aereo di 8 ore e trattenersi qualche giorno quasi dall’altra parte del mondo, soltanto per mostrare un interesse a cittadini che per ben due anni e mezzo non sono stati capaci di proteggere.

E io pago! Così  diceva un grande nostro attore comico.

Franco Fellicò