giovedì 30 novembre 2023

L’uso distorto dell’informatica

 

Sono un informatico o meglio lo sono da 63 anni! Ho avuto infatti la fortuna e il piacere di occuparmi di computer a partire dal 1960; assunto poco più che vent’enne da una grande Banca Italiana ho scritto i miei primi programmi per uno dei più potenti mainframe IBM  dell’epoca; era l’IBM 7070.

 

Quel computer costava alla mia banca UN MILIONE DI LIRE DI FITTO AL GIORNO e aveva un volume complessivo di una quarantina di metri cubi.

 

Ben pochi in Italia hanno avuto quel privilegio e ricordo ancora oggi l’attenzione che era necessaria porre per sfruttare al meglio la potenza di quella macchina.

 

Mi piace affermare che oggi un piccolo desktop alla portata di un qualunque privato ha una potenza elaborativa che supera mille volte quella di quel grande elaboratore.

 

La Banca faceva precedentemente il suo lavoro affidandolo a molte decine o centinaia di impiegati dotati di quelle sferraglianti calcolatrici meccaniche Olivetti a manovella (poi elettrificate); successivamente aveva fatto svolgere quello stesso lavoro ad un centro meccanografico dotato di macchine elettromeccaniche ed infine aveva deciso di passare ad un più moderno mezzo che allora era appunto un mainframe IBM.

 

Nulla o quasi nulla era cambiato nelle procedure; solo che quello che facevano gli impiegati a mano, era stato affidato prima al meccanografico e infine all’elaboratore elettronico.

 

I clienti quasi non si erano accorti di nulla perché continuavano a ricevere i loro estratti conto che avevano solo cambiato un po’ forma; forse la frequenza con cui ricevevano gli estratti era diventata maggiore, forse la forma degli estratti era un po’ più chiara, ma nulla di più di quello che avevano prima, avevano ricevuto.

 

Era la Banca che ci aveva guadagnato molto, sia perché aveva potuto sostituire il lavoro di molti impiegati con una macchina, sia perché gli errori degli elaborati si erano ridotti a zero.

 

L’utilità dei computer fu capita da tutte le grandi Aziende (inizialmente solo le grandi, perché solo esse potevano permettersi di avere un grosso computer) e TUTTE iniziarono a  SOSTITUIRE il lavoro umano con quello di una macchina.

 

Intanto le potenze elaborative negli anni aumentavano sempre più e si cominciò a parlare di REAL TIME perché si vide che poteva essere comodo specie per la Banca; ma questa volta anche per i clienti era comodo che ogni operazione fatta allo sportello potesse essere subito registrata di modo che anche un istante dopo, l’operazione successiva potesse basarsi su una situazione dei conti aggiornatissima.

 

Quindi il grande passo avanti fu l’installazione di terminali nelle filiali che consentirono di attuare appunto il REAL TIME; diventò così possibile la CIRCOLARITA’ e cioè la possibilità per i clienti di fare un’operazione in una filiale di una città che essendo subito registrata metteva in condizione anche le filiali di altre città di poter accedere ai conti sempre aggiornati.

 

Per i successivi anni, forse una ventina o qualcosa di più, si procedette così e i vantaggi erano sempre graditi sia alle Aziende che ai loro clienti.

Ma poi pian piano la cosa, a mio avviso, ha preso una brutta piega perché si è cominciato ad abusare in vario modo della grande potenza disponibile; qui di seguito provo ad esporre tutto quando per me è un uso distorto dei computer:

 

 

1.  L’esagerazione.

 

Non vi è principio, per quanto giusto e ragionevole, il quale, se lo si esageri, non possa condurci alle conseguenze le più funeste.
Camillo Benso conte di Cavour, XIX sec.

 

Si è passati pian piano dai programmi UTILI che sostituivano semplicemente il lavoro manuale con grandi vantaggi di velocità e precisione, a programmi che vengono scritti per mostrare complicate situazioni quasi create apposta per farle risolvere da programmi complessi.

 

Cerco di spiegarmi meglio; si nota benissimo che ci sono elaborazioni complesse che non sono necessarie e che CERTAMENTE non sarebbero state affrontate se il lavoro lo avessero dovuto fare degli umani; sembra quasi che siano state inventate solo e soltanto perché è facile farle gestire da un programma che ha anche disponibile una enorme potenza elaborativa.

 

Faccio subito un esempio: prendete una qualunque bolletta del GAS che avete certamente e esaminatela con cura; provate a pensare per un momento che quella bolletta (e anche tutte quelle degli altri clienti) fosse stata preparata da umani; credo che vi rendereste subito conto che se i computer non ci fossero stati, per preparare migliaia di quelle bollette sarebbero state necessari migliaia di impiegati ciascuno dei quali avrebbe messo almeno una giornata di lavoro per compilarne una sola.

 

Io non dispongo di una bolletta del gas di 70 anni fa, ma sono sicurissimo che tutti quei dettagli che leggiamo oggi non c’erano, perché sarebbe stata pura pazzia farli preparare dagli impiegati del fornitore.

 

Quello che ho detto per il GAS vale anche per le bollette della LUCE e un po’ anche per quelle del telefono.

 

Devo allora concludere che i programmi di oggi producono spesso informazioni INUTILI ma anche DELETERIE perché quelle bollette sono diventate INDECIFRABILI e al massimo sono utili alle aziende che possono, in modo disonesto, annegare al loro interno voci non dovute che i clienti difficilmente riescono ad individuare.

 

Quindi l’informatica UTILE si è arricchita di molta informatica INUTILE che spesso è anche responsabile di diffondere pratiche poco corrette.

 

Se esaminate nel dettaglio le TABELLE che l’ARERA pubblica ogni tre mesi sicuramente inorridireste; si tratta di tabelle diverse per ciascuna regione che vorrebbero giustificare aumenti e diminuzioni del costo dei servizi a mezzo di miriadi di parametri; io ci ho provato molto tempo fa e ho solo rischiato di impazzire senza comunque riuscire a capire se quello che veniva esposto era logico o inventato.

 

Si capisce quindi che anche in quel caso i computer vengono usati in maniera distorta e questo avviene solo perché una volta scritto il programma (che comunque in quei casi è anche molto complesso e difficile da realizzare) esso può essere usato anche per anni senza ulteriore impegno.

 

Attraverso quelle complicatissime tabelle ARERA tenta di giustificare il suo lavoro che per i più sembra anche complicato, ma che invece è fatto semplicemente avviando un’applicazione cosa che tutti sanno richiede al massimo la pressione di un tasto o un click di un mouse. Poi in questo caso, mentre l’ARERA mostra di essere bravissima nel suo lavoro (o meglio crede di dimostrarlo attraverso la complessità delle sue tabelle) chi volesse interpretarle rischia di affogare tra l’infinità dei numeri presenti.

 

 

2.  Pubblicità  via telefono o con email.

 

Ho già parlato in questo BLOG del sistema di chiamata automatica organizzata da TIM ma che è utilizzata, anche in maniera meno assillante anche da altre aziende; in quel caso invece di affidare a degli umani il compito di chiamare una infinità di numeri telefonici per proporre i propri prodotti, si affida il lavoro ad un computer che guidato da un apposito programma provvede e chiamare uno dopo l’altro centinaia o forse migliaia di cittadini; una voce sintetizzata invita il malcapitato a premere un tasto particolare per essere richiamato da un umano; anche questa è un uso distorto dei computer; si abusa delle sue capacità per disturbare migliaia di cittadini SENZA che l’azienda impegni personale per farlo.

 

E anche le email pubblicitarie, quelle che hanno anche un nome (SPAM) vengono generate automaticamente ed inviate a migliaia di destinatari senza alcun impegno di personale.

 

 

3. Gli operatori virtuali.

 

Un’altra stupida ed antipatica soluzione che in molte aziende si sta sviluppando è di far rispondere ad una chat o ad una telefonata non un umano, ma un operatore virtuale; si tratta di un voce sintetizzata che vi dice “Ciao sono Willy”  o un altro nome di quel tipo, e cerca di intrattenerti con domande standard che al 90% non interessano; le aziende pensano di aver ridotto le chiamate di assistenza, ma certamente non è così per cui i fastidi li hanno solo i clienti che prima di riuscire a parlare con un operatore umano devono sopportare lunghe “discussioni” inutili con una macchina.

 

 

4. L’informatica ad uso delle aziende e non a vantaggio dei clienti

 

Agli inizi dell’era informatica i computer, come ho anche spiegato all’inizio di questo documento, veniva usata per agevolare il lavoro alle aziende ma per offrire dei vantaggi anche ai clienti.

 

Ma negli ultimi tempi le aziende approfittano dell’informatica sempre più solo per aumentare i propri guadagni.

 

Ecco un esempio: Quando i computer non c’erano, se si chiedeva al proprio fornitore di elevare la potenza del proprio contatore veniva richiesta una notevole cifra che era giustificata dal fatto che un dipendente dell’azienda doveva recarsi presso il contatore del richiedente per apportare la modifica; oggi invece visto che tutti contatori sono diventati elettronici e gestibili a distanza la modifica viene fatta da un comune impiegato che, seduto comodamente davanti ad un computer, preme il pulsante di un programma e inserisce un parametro opportuno in un campo; il lavoro è diventato quasi nullo e l’azienda dovrebbe quasi ringraziare chi chiede di farlo perché certamente il cliente si appresta a consumare molto di più (cosa utile all’azienda); ma anche se il lavoro oggi è diventato nullo i fornitori richiedono dai clienti ugualmente il costo solito che questa volta è ingiustificato visto che l’intervento diventa solo una modifica contrattuale; ed è ancora più grave che l’azienda richieda un costo per Kw di aumento quasi che il minuscolo intervento sia più oneroso quando l’incremento richiesto  debba essere fatto più volte per ciascun Kw di aumento.

 

Un altro esempio potrebbe essere quello di Mercedes che vende le sue auto con un software che comprende anche APPLE CAR e ANDROID AUTO, ma quel software pur essendo presente è bloccato e viene sbloccato (quindi anche qui con un solo click) dietro pagamento di 366 euro.

 

 

5. Gli abbonamenti

 

Qualunque oggetto si compra va pagato e il suo prezzo è giustamente dato dal costo di produzione maggiorato di una certa percentuale dovuta al guadagno del produttore; se un certo oggetto è molto richiesto esso dovrà essere prodotto più volte costando al fornitore sempre la stessa cifra e sarà rivenduto al prezzo di listino per cui il produttore avrà molte volte lo stesso guadagno.

 

Anche il software ha un costo per la sua realizzazione e quindi deve essere rivenduto ad un prezzo maggiore del costo di produzione; ma poiché un programma, specie se è molto utile ed interessante può essere venduto un numero infinito di volte senza neanche un minuto secondo di lavoro in più, è giusto rivenderlo ad un prezzo inferiore al costo di produzione; stabilito ad esempio che il costo di produzione è 1.000, il programma potrebbe esser venduto anche a 10 se si pensa che le copie vendute supereranno almeno le 100.

 

Ovviamente tutte le copie vendute oltre le 100 saranno PURO GUADAGNO per il produttore. Il grande vantaggio dei produttori di software è che il loro impegno termina al momento in cui il programma è finito e anche che non appena si supera il numero di copie definito per i pareggiamento dei costi sostenuti, si continuerà a guadagnare in eterno man mano che ci saranno altre vendite e senza che ci siano altri costi di produzione.

 

Ovviamente i guadagni possono essere stratosferici specie per quei programmi importanti e molto richiesti (come Office di Microsoft o Photoshop di Adobe); al massimo da parte del produttore ci sarà un piccolo impegno per risolvere qualche BUG che gli utenti segnalano o se vuol migliorare il programma con qualche nuova funzione.

 

Ma l’ingordigia dei produttori è molto alta e si stanno sempre più diffondendo nel software gli abbonamenti; i produttori, e parlo proprio di quelli che ormai hanno abbondantemente ammortizzato il costo del programma e che quindi ad ogni nuova vendita quello che incassano è TUTTO GUADAGNO, non si accontentano, e decidono di non vendere più il programma ma di darlo in uso annuale a fronte di un abbonamento. Quindi non più il guadagno ad ogni vendita nuova, ma cercano di guadagnare per SEMPRE qualcosa da TUTTI coloro che vogliono usare il programma.

 

Questa è un altro esempio in cui l’informatica vuol essere usata molto di più per i vantaggi dei produttori e molto meno a vantaggio degli utilizzatori.

 

 

6. APP per ogni cosa.

 

Con l’avvento degli SmartPhone ci hanno riempito di applicazioni (che sono note a tutti con il termine APP); sembra quasi che niente possa fare a meno di un APP e nessuna attenzione viene posta quando certe applicazioni sono di larga diffusione e sarebbe necessario renderle STANDARD. Un classico esempio è quello delle APP indispensabili per chi ha una auto elettrica e desidera accedere ad una colonnina di ricarica; ogni fornitore ha pensato bene di far realizzare una propria APP che naturalmente ha forma diversa dalle altre il che crea grande fastidio e scomodità a chi volesse essere libero di ricaricare la propria auto alla prima colonnina incontrata.

 

 

7. Tutto connesso in real time

 

Sembra che un’applicazione debba SEMPRE essere connessa perché ha SEMPRE bisogno di colloquiare con un server o con un cloud; ma questo non è sempre vero.

 

Nessuno verifica più se la connessione in rete ha un motivo per esserci e se quando c’è deve essere usata sempre o può essere usata solo una o poche volte al giorno; e invece tutte le applicazioni tendono sempre più a dipendere da una connessione di rete anche quando non ce n’è bisogno.

 

Moltissime applicazioni sarebbero in grado di funzionare perfettamente anche senza alcuna connessione, senza l’ausilio continuo di un server e senza dover far uso di un cloud, ma spesso invece si progettano rendendole dipendenti inutilmente da una connessione di rete.

 

Ad esempio le colonnine per la ricarica che dispongono certamente di potenza elaborativa locale potrebbero benissimo lavorare e fornire energia a chi la desidera memorizzando localmente quanto si è verificato anche in una intera giornata; la connessione potrebbe anche esistere ma per essere utilizzata magari di notte o comunque in un secondo momento per poter trasferire i dati accumulati ad un centro di elaborazione dati del fornitore; si tratta infatti di dati importanti ma che non necessitano di arrivare al centro in REAL TIME; se i pagamenti potessero essere fatti sia con carta di credito che con banconote, ogni erogazione sarebbe possibile sempre, anche in assenza di collegamento e quindi il fuori servizio per mancanza di rete non ci sarebbe mai.

 

Molto tempo fa si ragionava sempre così e lo si faceva perché le potenze elaborative erano scarse e le connessioni molto costose; ma continuare a ragionare anche ora così non farebbe male a nessuno e anzi sarebbe molto utile; infatti se un’applicazione richiede una connessione di rete funzionante e NON NE HA NECESSITA’, farla lavorare insieme ad un server connesso via rete fa sì che quell’applicazione diventi inutilizzabile quando la rete non è funzionante.

 

Franco Fellicò

martedì 28 novembre 2023

Una nuova IDIOZIA

 

Qualche mese fa avevo proposto a VaiElettrico di pubblicare un mio articolo nel quale era riportata una proposta SEMPLICISSIMA che poteva consentire allo Stato di far produrre, senza NESSUNA NECESSITA’ DI DEDICARVI SOVVENZIONI, una enorme quantità di energia elettrica da fotovoltaico.

 

VaiElettrico considerò la mia “ricetta” irrealizzabile per cui si rifiutò di pubblicarla; il 23 agosto 2023  ho pubblicato allora quell’articolo sul mio BLOG anche se quest’ultimo ha una popolarità certamente minore; il link è:

 

http://ffellico.blogspot.com/2023/08/il-fotovoltaico-dai-privati.html

 

Oggi, leggo però di una nuova IDIOZIA che qualcuno dei nostri Governanti ha deciso di proporre ai cittadini. Non è SEMPLICISSIMA come quella mia, ma COMPLICATISSIMA come tutti i meccanismi che è abituata a creare il Governo; la mia non costa niente allo Stato mentre per quella di cui sto parlando sono stati stanziati 5,7 miliardi di euro di cui 2,2 dai fondi PNRR.

 

La mia proposta poteva consentire ad ogni cittadino proprietario di un’abitazione dotata di un tetto o anche ad un qualunque condominio, di realizzare a proprie spese ma a costi bassi un impianto fotovoltaico; quella che ho chiamato “idiozia” l’hanno pomposamente chiamata CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) e detto più in chiaro (per loro) sarebbe una COMUNITA’ di produzione, autoconsumo e condivisione locale; più in dettaglio ecco come è spiegato nel decreto (in POLITICHESE) cosa sono le CER:

 

In base alla Risoluzione AdE n. 18/2021, una Comunità di energia rinnovabile (CER) è un soggetto giuridico, autonomo e con partecipazione aperta e volontaria. Il suo obiettivo è fornire benefici ambientali ed economici alla comunità dei propri azionisti o membri. Più in dettaglio, ecco la definizione di legge:

 

 

“un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, autonomo ed effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, detenuti dalla comunità, la cui finalità principale è quella di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari”.

 

Le CER che permettono, anche a piccole imprese e consumatori privati, di diventare produttori di energia green (anche tramite l’impiego di sistemi di accumulo) per autoconsumo collettivo e condivisione locale.

NB: Una comunità energetica è costituita in maniera differente dai gruppi di autoconsumo collettivo, che agiscono sempre collettivamente ma in virtù di un accordo privato, e che si limitano in genere allo stesso condominio o edificio.

Se poi volete capire cosa è un “gruppo di autoconsumo collettivo” ve lo riporto qui di seguito, sempre prendendolo dal decreto e sempre in POLITICHESE:

Con autoconsumo collettivo ci si riferisce in generale alla possibilità concessa per legge di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da un impianto di generazione locale e consumarla nell’abito della propria collettività, intesa come i membri di uno stesso edificio. Una comunità energetica per autoconsumo collettivo può, più in particolare, vedere tra i soggetti che la compongono sia condomini che aziende o enti pubblici e persone fisiche.

 

Secondo la definizione dell’ENEA:

L’autoconsumo di energia è una coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione ad un soggetto giuridico, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno più impianti energetici locali.”

L’autoconsumo di energia si può dunque realizzare a 3 livelli: individuale, collettivo e di comunità. In Italia, l’autoconsumo collettivo e le comunità energetica (livelli 2 e 3) sono anche riconosciute legalmente (dal 2020). Ogni comunità ha caratteristiche accomunate da uno stesso obiettivo: autoprodurre e fornire energia rinnovabile a prezzi competitivi.

Non posso certamente riportarvi tutto il decreto, ma posso invitarvi a darvi un’occhiata (anche se sono sicuro che non avrete la forza di leggere tutto); ecco il link:

https://www.pmi.it/economia/green-economy/383262/comunita-energetiche-rinnovabili-nuovi-incentivi-e-risparmi.html?utm_source=tagnewsletter&utm_medium=email&utm_campaign=energia-2%2Cgreen-economy-2%2Cfonti-rinnovabili-2#comunita-energetiche-rinnovabili-cer-cosa-sono

 

 

Anche se per darvi solo un’occhiata vi prego di andare a vederlo,, vi servirà a capirne la complessità e a ridere o forse meglio a piangere. E tutto quello semplicemente per consentire l’installazione di un impianto fotovoltaico in un condominio.

 

Non ho capito perché tutta questa regolamentazione, e non ho neanche capito se una comunità possa consistere anche di un SINGOLO; ma anche se mi pare di SI non capisco se anche il SINGOLO debba rispettare tutte le regole che sono state inventate.

 

Il decreto vuol regolamentare l’installazione di impianti CONDOMINIALI, quindi utilizzando i tetti di palazzi con molti appartamenti e non capisco perché le regole riguardanti la suddivisione delle spese e anche quelle per l’utilizzo dell’energia prodotta non possano essere  fissate da una normale riunione di condominio, ma debbano essere quelle fissate dallo Stato.  

 

Non posso fare a meno di riportare un altro stralcio del decreto:

 

 

In base al TIAD (Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso) redatto dall’Authority ARERA, il GSE deve dettare le nuove regole tecniche e operative per la gestione dei soggetti coinvolti nel mercato dell’autoconsumo diffuso di energie rinnovabili:

  • gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente
  • gruppi di clienti attivi che agiscono collettivamente
  • comunità energetiche rinnovabili (CER)
  • comunità energetiche dei cittadini
  • autoconsumatori individuali di energia rinnovabile “a distanza” con linea diretta
  • autoconsumatori individuali di energia rinnovabile “a distanza” che utilizzano la rete di distribuzione
  • clienti attivi “a distanza” che utilizzano la rete di distribuzione.

 

Nello specifico delle CER, in attesa che entrino in vigore le nuove regole GSE a integrazione di quelle attuali (ad esempio in materia di Referente della CER), si tratta di coinvolgere associazioni di autoproduzione locale, le quali possono ottenere forti risparmi in bolletta, con tagli per la spesa energetica fino al 25% sulle utenze domestiche e condominiali e fino al 20% in caso di PMI e distretti artigiani.

 

 

Ma ovviamente chiunque è in grado di leggere le miriadi di regole che, a mio avviso, delle menti bacate sono state capaci di escogitare. E naturalmente non poteva mancare in tutto questo la presenza di ENEA, ARERA, GSE e anche del MASE.

 

A me pare che quello che si legge rispecchia esattamente il detto “COME COMPLICARE LE COSE SEMPLICI”.

 

Ci sarà certamente qualcosa di nascosto che io non sono stato capace di individuare, e questa è l’unica cosa che mi fa riconoscere quanto sono bravi quelli che inventano queste cose nel nascondere i veri obiettivi che hanno; e che indubbiamente non sono per il bene dei cittadini ma di qualcuno che non è mai dato capire chi sia.

Se avete letto la mia proposta, ecco le differenze:

 

·      Nella mia proposta ciascun cittadino pagherebbe l’impianto di tasca propria, ma usufruirebbe di tariffe basse visto che i lavoro dell’installatore non sarebbe tassato e in più non dovrebbe neanche richiedere L’IVA che sarebbe stata azzerata, e lo Stato risparmierebbe 5,7 miliardi. Invece nel caso delle CER, le comunità dovrebbero pagare sempre di tasca propria delle fatture salate perché gravate da IVA e dalle tasse che dovrà pagare chi installa, ma lo Stato dovrebbe incentivare i lavori spendendo 5,7 miliardi; evidentemente si saranno fatti i conti e avranno già verificato che i miliardi che incasseranno, saranno maggiori di 5,7.

·      La mia proposta consentirebbe di far realizzare un impianto condominiale con delle regole fissate dai condomini in una semplice riunione straordinaria e anche che qualche privato si associ con uno o più vicini quando avessero un grosso tetto in comune; in entrambi i casi  le regole della suddivisione delle spese e anche quelle dei consumi si fisserebbero di comune accordo. Nel caso delle CED (specie se la comunità deve comunque comprendere più di un associato) invece le regole sarebbero fissate da un regolamento Statale e dovrebbe essere applicato anche se non gradite.

 

Ma quello che sicuramente scoraggerà i cittadini, invece di incoraggiarli, saranno le mille regole da rispettare, l’associazione da costituire, lo Statuto da redigere e certamente anche le spese INUTILI che saranno sicuramente necessarie, oltre anche ai tempi per la realizzazione degli impianti che sicuramente aumenteranno.

 

In pratica quindi questa “idiozia”, perché solo così la si può chiamare, mentre “sulla carta” vorrebbe essere una elargizione dello Stato, in pratica è un modo per scoraggiare anche chi aveva deciso di  realizzare un proprio impianto, oppure per quei pochi che ci dovessero credere, un modo per complicare la vita a dei cittadini virtuosi e un mezzo dello Stato per cercare di far generare energia elettrica dai privati facendo finta di incentivarli, ma facendo in modo di guadagnarci.

 

E’ una delle solite “furbate” dello Stato il cui obiettivo dovrebbe essere quello di far crescere il numero di impianti fotovoltaici privati, ma che COME SEMPRE avrà l’effetto contrario.

 

Ricordate la mia massima? Ve la ricordo io di nuovo:

 

“Quando il Governo emana un decreto o una legge per raggiungere un obiettivo, provate sempre a verificare cosa succederebbe se fosse stato deciso il  CONTRARIO; vi accorgerete che l’obiettivo si potrebbe raggiungere meglio facendo proprio il CONTRARIO”

 

Franco Fellicò

sabato 25 novembre 2023

L'assassinio di Giulia Cecchettin

 

In questi giorni ne parlano tutti; e tutti sono affranti, arrabbiati, stupiti, nervosi e desiderosi che la Giustizia punisca severamente l’assassino.

 

Ma cosa succederà a Filippo Turetta, reo confesso dell’efferato delitto?

 

In un Paese civile come il nostro la pena di morte non è applicabile; quindi quello che vedremo sarà certamente la condanna  dell’assassino se non all’ergastolo, ad un buon numero di anni di detenzione.

 

Ma sarà veramente quella una pena adeguata per un reato così efferato e grave? Sarà una cosa giusta mantenere quell’individuo a spese della comunità per tanti anni? Sarà sufficiente quella pena per compensare la famiglia della perdita di una così giovane figlia a pochi giorni dalla sua laurea?

 

Io penso proprio di NO, ed è per questo che torno ancora una volta a ripensare a quanto ho più volte proposto nel passato.

 

Si dovrebbe partire dall’analizzare la vita di Giulia nell’ipotesi non fosse stata uccisa; lei è noto che nei giorni in cui era nelle mani dell’assassino doveva discutere la tesi per laurearsi in ingegneria; sarebbe diventata quindi a giorni un giovane ingegnere e si potrebbe ipotizzare che sarebbe stata assunta da una qualche azienda ed avrebbe percepito uno stipendio la cui entità si potrebbe anche immaginare; avrebbe lavorato per una quarantina di anni e al termine sarebbe andata in pensione e avrebbe ricevuto una pensione almeno per un’altra ventina di anni.

 

E’ solo in una piccola parte di quello che Giulia non potrà più fare per essere stata soppressa in giovanissima età, ma almeno su quello che ho detto sopra bisognerebbe basarsi.

 

Si tratta di ciò che più o meno verrebbe valutato in caso di morte da una assicurazione per definire il valore della perdita e definire la cifra da erogare all’eventuale beneficiario.

 

Ora, al di là della vita che non è possibile restituire a Giulia, il danno economico che le ha inflitto è certamente almeno quello su descritto; quindi la condanna più giusta che ci si dovrebbe aspettare è il risarcimento di tutte quelle cifre.

 

Quindi, se fossimo più logici io penso che una volta stabiliti gli anni di detenzione (perché quello è sacrosanto che venga deciso), o anche quelli a vita se la condanna fosse l’ergastolo, a Filippo dovrebbe essere richiesto anche di restituire tutti quegli euro che Giulia non ha potuto guadagnare per sua colpa; e come fare per questo? 

 

Bisognerebbe farlo lavorare per tutto il tempo di detenzione con lavori pesanti adeguati alle sue condizioni fisiche e utilizzare tutti i suoi guadagni in parte per il suo sostentamento in regime carcerario e la parte restante per restituire agli eredi di Giulia i guadagni che per sua colpa lei non ha potuto ricevere.

 

Agli eredi dovrebbe essere data la possibilità di tenere queste sovvenzioni o dirottarle verso un fondo da utilizzare per combattere i femminicidi.

 

In questa maniera lo Stato e quindi la comunità, oltre ad aver perduta una innocente, non dovrebbe anche provvedere a mantenere in vita il responsabile, e il reo pagherebbe più duramente l’assassinio.

 

Questa sarebbe una condanna un po’ più congrua per il grave delitto e servirebbe anche a Filippo per ricordargli che il lavoro che sta facendo, giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno è retribuito, ma solo per ripagare il danno che lui stesso con il suo atto insano durato pochi minuti ha procurato ad una innocente.

 

Franco Fellicò