sabato 9 maggio 2020

La privacy


Ho deciso di scrivere queste mie idee dopo aver ricevuto via WhatsApp un messaggio di quelli che si invita a far circolare; in esso è riportata una protesta contro la possibile attivazione di applicazioni per smartphone che potrebbe avvisarci di essere nei pressi di una persona che potrebbe contagiarci.

Si dice che la geo-localizzazione è una pratica da evitare, perché lede la nostra privacy.

Probabilmente ci sono quindi delle persone che non desiderano che qualcun altro possa venire a sapere dove ciascuno si trova durante la giornata. Ma allora io mi domando, ma cosa fanno di illecito questi signori visto che desiderano spostarsi a proprio piacimento senza essere visti? E come mai quando escono non si muniscono di barba e baffi finti per non essere riconosciuti?

Io penso che chi va a fare la spesa in un supermercato o va al cinema o va a divertirsi, non debba preoccuparsi se quello che fa venga reso noto anche ad altri; non fosse altro perché in tutti questi casi, di norma, nessuno cerca di fare queste cose di nascosto, ma ciascuno sa bene che chiunque lo vede in giro possa godere di questa conoscenza.

Ci sono casi in cui invece degli spostamenti vorrebbero essere fatti di nascosto e questo è quasi sempre perché si tratta di azioni illecite o anche solo di azioni non troppo corrette che si vorrebbe evitare di far conoscere a tutti.

La privacy è quella materia che sembra si debba occupare di evitare che le azioni compiute dalle persone siano note a tutti, ma rimangano riservate, aiutando gli individui a nasconderle.

Ora, se le azioni di chi vive in società sono perfettamente lecite, non vedo che necessità ci sia di nasconderle, se sono invece illecite allora la privacy potrebbe essere di una certa utilità; ma utilità per chi le compie, non invece per chi le subisce, anzi questa copertura diventa perfino dannosa per questi ultimi.

Ma vediamo a dei casi pratici e ai risultati ottenuti con il GDPR. La conoscenza ad esempio dell’indirizzo email di una persona normalmente non viene resa pubblica dal legittimo proprietario semplicemente perché non ne vede l’utilità, non tanto perché ritiene che chi non è stato espressamente autorizzato possa farne un uso illecito o dannoso.

Allora che ci sia una legge che protegga i cittadini dall’uso indiscriminato di questi indirizzi mi sembra corretto. Ma che per ottenere questo si sia dovuto inventare il GDPR mi sembra pazzesco. Si sono stabilite regole complicatissime che ciascuna azienda o anche singolo individuo deve rispettare soltanto se per qualche motivo si trova a possedere informazioni sulle persone.

Si è regolamentato ogni possibile uso di questi dati senza rendersi conto che gli usi definiti illeciti sono un numero ALTO NUMERO DI CASI, ma che gli usi illeciti possibili sono INFINITI. Si è cercato di regolare l’invio delle email non sollecitate stabilendo che per poterlo fare chi le vuole inviare deve munirsi dell’autorizzazione di chi deve riceverle; poi si è vietato l’invio di email pubblicitarie personalizzate (cioè basate sul tipo di navigazione su internet di ciascuno), ma lo si è consentito solo per coloro che hanno fatto una richiesta scritta per accettarlo.  

Il risultato di tutto questo è stato che tutte le aziende che imperversano in rete e che vogliono pubblicizzare i propri prodotti hanno scritto a coloro di cui avevano gli indirizzi e li hanno messi di fronte ad una scelta: decidere se accettare le pubblicità personalizzate, nel qual caso gli arriveranno solo quelle basate sul proprio comportamento di navigazione in rete, oppure negarle nel qual caso gli arriveranno TUTTE le pubblicità senza distinzione alcuna. E’ inutile dire che non esiste mai la possibilità di richiedere la cancellazione totale di tutte le email pubblicitarie, personalizzate e non. La richiesta delle aziende sembra quasi una minaccia, perché è come se si dicesse: se accetti quelle personalizzate ti potranno arrivare un tot di email, viceversa se non le accetti te ne arriveranno molte di più!

Anche se dovuto per legge, non tutti coloro che inviano email pubblicitarie hanno in calce all’email una possibilità di chiedere la cancellazione del proprio indirizzo dagli archivi del mittente e quando questa possibilità esiste, il più delle volte o si viene catapultati in un sito da visitare ,oppure si finisce in una pagina inesistente o ci si imbatte in un errore del sistema (naturalmente creato ad arte per evitare di dover accettare la richiesta).

Un’altra possibilità è di trovare una scritta in coda alla email in cui viene detto: “Ricevi questa email perché sei iscritto al sito ……….." indicando il nome di un sito sconosciuto che spesso non esiste proprio, o comunque nel quale non si è mai capitati di entrare. Questa nuova tecnica nasce dal fatto che ormai sono nate aziende che vivono esclusivamente di questo mestiere; fanno pubblicità ovviamente a pagamento per altri utilizzando un archivio di indirizzi che si sono procurati in modo diversi; per cui se anche si riesce a chiedere la cancellazione, essa viene eseguita soltanto per UNA DELLE MILLE aziende che quella che agisce rappresenta, ed è quasi impossibile riuscire a far cancellare il proprio indirizzo dagli archivi di quella che opera, in maniera da eliminare TUTTE le pubblicità delle aziende da lei rappresentate.

Io non credo che ci sia qualcuno che gradisce queste email e che non sia infastidito dal loro arrivo, per cui mi domando se non sarebbe stato meglio PROIBIRLE TOTALMENTE, punendo quindi chiunque invia email non sollecitate, indipendentemente dal fatto che siano o non gradite. In questa maniera qualunque invio di pubblicità per email sarebbe fuori legge e punibile; l’unico modo di pubblicizzare un prodotto sarebbe o quello di illustrarlo sul sito dell’azienda o di raccoglierlo insieme a tanti altri prodotti da pubblicizzare in appositi siti aperti a tutti e quindi raggiungibili da chiunque PER PROPRIA SCELTA vi volesse andare.

Tanti anni fa alla TV c’era dopo il TG una mezz’ora di pubblicità raccolte in un apposito programma (Carosello) nel quale venivano messi in onda i vari spot pubblicitari. Oggi invece, la modernità ci costringe a vedere gli spot in improvvise interruzioni dei programmi più disparati, interruzioni fatte ad arte immediatamente prima di un avvenimento interessante per far si che nessuno lasci il canale durante la pubblicità visto che potrebbe perdere delle scene importanti che stanno per venire.

Pensiamo di andare avanti ed invece indietreggiamo ogni giorno; ho più volte osservato che le regole non esistono per niente per certi organismi pubblici, perfino quando i servizi sono a pagamento OBBLIGATORIO.

Anche in questo caso sarebbe utile che tutti questi spot che rappresentano ormai una buona parte della programmazione del nostro servizio televisivo pubblico, venissero nuovamente raggruppati in un apposito programma “Carosello” trasmesso ad un’ora ben precisa in maniera da consentirne la visione a chi è interessato e non obbligatoriamente a tutti i telespettatori.

Ma la privacy di questo sembra non preoccuparsi.

Tornando all’argomento iniziale e cioè alla protesta per evitare la geo-localizzazione, vorrei ricordare che la maggior parte dei delitti e dei reati vengono risolti proprio con l’uso di questo mezzo e con le registrazioni delle telecamere di sicurezza (altro dispositivo che spesso è considerato non gradito); ripeto ancora che chi non ha niente da nascondere non ha motivo per preoccuparsi dell’uso di queste apparecchiature e  possibilità, specie quando, come nel caso della mappatura dei contagi da Covid-19 essa possa servire a vincere la battaglia che i questi giorni si sta combattendo e a ridurre anche solo di poco le vittime.

Per finire voglio ricordare invece che una larga parte della popolazione, appoggiata anche dai cosiddetti tutori della privacy, si è dichiarata contraria alla creazione di un’applicazione per smartphone atta a aiutare tutti noi riducendo la possibilità di contagio da corona-virus; la maledetta “spada di Damocle” della protezione della privacy ha colpito ancora, tanto che si è dovuto escludere l’uso dei server che potevano facilmente conoscere la posizione di ogni possibile “untore”; si è così passato ad utilizzare solo ed esclusivamente il bluetooth che come è noto consente la comunicazione fino ad una decina di metri e non centralizza le informazioni; si sono dovuti inventare complicati algoritmi che generano codici sempre diversi che due telefonini vicini possono scambiarsi e alla fine, l’ultima che ho letto sul Sole 24 Ore di qualche giorno fa è che l’applicazione “immune” che si pensa di mettere in circolazione verso la fine di maggio, avvertirà il possessore di un telefonino sempre che l’altro corrispondente VOLONTARIAMENTE ha installata l’applicazione e solo se chi pensa di essere protetto si è trattenuto PER PIU’ DI 15 MINUTI AD UNA DISTANZA MINORE DI DUE METRI da un soggetto pericoloso!

Capirete bene che questa è una grande stupidata (per non dirla in maniera più colorita) e non può servire assolutamente a niente se non ad avvisare “a posteriori” che, se la persona vicino alla quale si è stata così a lungo è eventualmente infetta, data la grande facilità di contagio del nostro virus, la persona “protetta” può essere sicura di essere stata infettata.

Ma probabilmente, anche con un simile pessimo risultato, quelli così attenti alla propria privacy, staranno ancora imprecando contro l’eventuale diffusione di quell’applicazione.

Franco Fellicò

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