mercoledì 5 novembre 2014

No pena di morte, no ergastolo.


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Questa volta Papa Francesco, uno dei più amati pontefici che abbiamo mai avuto, ha voluto suggerire a tutti noi anche questo.
Come tantissimi italiani, ho grande ammirazione per ogni parola proferita da Papa Bergoglio e accetto con grande rispetto ogni suo consiglio o indirizzo.
E in questa occasione ho cercato di intendere bene le sue parole e quindi mi piace commentare e capire il suo intendimento.
Personalmente non ho alcun dubbio che la pena capitale sia una pratica da cancellare in qualunque paese del mondo e ciò semplicemente perché togliere la vita a un individuo è comunque un assassinio e non ci può essere ragione alcuna che lo possa giustificare.
Anche l’ergastolo, che è come togliere il diritto alla vita, può essere considerata una punizione eccessiva, anche quando comminato per reati veramente gravi: e poi entrambe le punizioni sembrano più una “vendetta” che un modo per far veramente espiare il male commesso. 
Ma non credo proprio che il Santo Padre ritenga che le punizioni per chi delinque non debbano essere consentite, ma suppongo invece che pensa che esse debbano essere DIVERSE da quelle attuali.
Io, scusandomi per l’ardire, visto che mi permetto di integrare un discorso iniziato da un Pontefice, ritengo proprio giusto che il modo con cui si intende far espiare le colpe riconosciute per reati contro le persone o le proprietà private, debba cambiare.
E penso anche che non solo le pene estreme debbano essere bandite, ma che tutte le pene debbano essere completamente diverse da quelle della sola reclusione.
Probabilmente chi legge queste righe avrà già sentito quello che penso in proposito, ma questa volta cercherò di essere il più chiaro possibile.
Io credo che chi delinque debba essere punito, e ritengo di avere dalla mia parte qualunque cittadino onesto e anche Papa Francesco; e penso anche che la punizione debba essere direttamente proporzionale alla gravità del reato commesso.
Ma come è mia abitudine, mi piace approfondire il problema per ricercare una soluzione che sia prima di tutto logica; non mi piace tentare di “correggere” in qualche modo le regole esistenti; non mi piace applicare le regole degli altri paesi; mi piace ragionare con la mia testa e come ho già detto, trovare una soluzione LOGICA.
Ritengo doveroso però, prima di proporre una soluzione, capire quali sono i motivi che spingono i malavitosi a delinquere.
Chi ruba probabilmente lo fa perché preferisce procurarsi dei beni in una maniera “più comoda” che non lavorando; chi rompe una vetrina, deturpa un monumento, graffia la carrozzeria di un’auto lo fa per soddisfare una voglia interna che lo soddisfa, sapendo che se si scoprirà la sua responsabilità, rischia poco o niente; chi uccide lo fa per astio verso qualcuno o per impossessarsi dei beni di qualcun altro.
Tutti costoro, quando scoperti, sono oggi puniti esclusivamente con la detenzione che può andare da pochi mesi all’ergastolo (la pena capitale in Italia non è ammessa e quindi non ne parlo) e l’unica variabile che si ha a disposizione per definire la pena è il “TEMPO” di detenzione.
Osservo anche che le pene costano non poco alla società che infatti si deve far carico di tenere in vita queste persone con vitto alloggio, vestiario e tutto ciò che può occorrere ad una persona per sopravvivere.
Poiché le carceri sono spesso insufficienti, si è costretti a far vivere queste persone anche in maniera inumana, tanto che ultimamente si sono fissati perfino degli indennizzi da corrispondere a coloro che hanno subito un livello di trattamento inferiore ad un certo standard.
In più quasi nessuna azione viene messa in atto per far sì che almeno una parte dei detenuti possa redimersi.
E’ per questi motivi che io ho sempre affermato che il miglior modo di far pagare i danni che i delinquenti hanno prodotto contro le persone o la società, sia di FARLI LAVORARE.
Mi sembra logico e regolare pretendere da chi ha commesso dei reati minori che il danno prodotto venga rimborsato a chi è stato danneggiato e dunque se un mascalzone ha rotto una vetrina o deturpato un monumento o ha danneggiato cose o persone senza motivo alcuno, debba essere condannato a RIMBORSARE il danneggiato del danno prodotto; se chi lo ha fatto non ha danaro o beni sufficienti per far fronte al rimborso, solo allora egli dovrebbe essere condannato ad una pena detentiva, ma non per togliergli la libertà per un certo tempo, ma per dargli modo LAVORANDO, di produrre quel danaro necessario a rimborsare la persona o la società del danno prodotto.
Non dobbiamo dimenticare che chi produce un danno a cose con un’auto è obbligato a rimborsare il danneggiato e non capisco perché invece chi spezza il braccio ad un monumento in una piazza invece di rimborsare il danno, finisce “forse” in gattabuia per un po’ di tempo, dopo di che viene rilasciato come se lo avesse ripagato.
Ho parlato di reati minori, ma non è detto che i reati più gravi fino anche all’omicidio non debbano essere ripagati da chi li ha commessi CON DURO LAVORO per un tempo, in questi casi, certamente più lungo.
Far lavorare i detenuti significherebbe non solo recuperare le spese che lo Stato sopporta per tutta la struttura carceraria, ma anche far rimborsare ai danneggiati almeno parte del danno; ma significa anche impegnare i detenuti in attività utili, insegnando loro un lavoro se non lo hanno già, e facendo capir loro che per vivere BISOGNA LAVORARE, diversamente da quello che pensavano prima, quando hanno deciso di procurarsi dei beni togliendoli a qualcuno.
I lavori da far fare potrebbero essere più o meno pesanti e più o meno retribuiti e la possibilità di scegliere a quale lavoro adibire ciascuno, costituirebbe una seconda variabile (oltre quella del tempo) utilizzabile dai giudici nella decisione della pena; ma i giudici potrebbero naturalmente anche tener conto di eventuali esperienze lavorative pregresse del condannato.
Poiché ogni lavoro produce un guadagno (per la vendita dei prodotti realizzati, per i servizi resi a terzi, ecc.) questo guadagno potrebbe essere ridistribuito agli stessi lavoratori mensilmente.
Ma attenzione, dalla cifra che spetterebbe per il proprio lavoro al detenuto, e qui faccio solo degli esempi, il 30% gli potrebbe essere trattenuto per rimborsare la struttura carceraria del soggiorno con vitto e alloggio di cui gode, il 60% potrebbe essere utilizzato per un rimborso alla persona o all’organismo che ha subito il danno e il restante 10% potrebbe essere accantonato a costituire un fondo per ciascun detenuto che gli sarebbe versato completamente al termine della pena.
Questa la mia semplice ipotesi, che vorrei ora valutare sia esaminandola dalla parte dello Stato, sia dalla parte dei danneggiati, sia infine dalla parte del detenuto stesso.
·     Lo Stato potrebbe incassare una parte delle spese che sostiene per il mantenimento delle carceri e dell’intera struttura carceraria.
·      I danneggiati (privati o strutture pubbliche) potrebbero essere rimborsati sia pure a rate mensili di una buona parte del danno economico subito e nel caso di perdita di un familiare avere un contributo mensile che potrebbe alleviare almeno in parte la mancanza di chi prima provvedeva al sostentamento della famiglia.
·      I detenuti non passerebbero intere giornate nell’ozio, ma sarebbero impegnati (e ricordo che il lavoro nobilita l’uomo) e molti di essi potrebbero anche capire finalmente come si vive onestamente, mentre molti altri potrebbero addirittura imparare un lavoro che non avevano. Al termine della pena avrebbero disponibile una cifra (guadagnata onestamente) che potrebbe consentir loro di reinserirsi nella società per ricominciare una nuova vita da libero, ma questa volta lavorando e non compiendo azioni illegali.
Tutto ciò in contrapposizione a quello che avviene oggi:
·      Lo Stato spende tanti soldi per la struttura carceraria e spesso non riesce nemmeno a tenere le persone segregate in maniera umana.
·      I danneggiati devono “accontentarsi” di vedere condannati coloro che li hanno offesi a pene detentive più o meno lunghe, cosa che mi sembra più l’aver avuto giustizia con una vendetta nei confronti dei malavitosi, che ottenere una rivalsa su di loro per il danno subito; in ogni caso né i privati né la cosa pubblica vedrà mai ripagato veramente il danno subito.
·      I detenuti soffrono la mancanza di libertà, e sanno solo di essere esseri inutili e destinati solo a languire dietro le sbarre, senza nessuna speranza di un futuro, se non l’attesa della fine della pena che li rimetterà in libertà; in più, essendo stati per anni senza lavorare e non avendo alcun fondo per reinserirsi nella società, sono costretti molto probabilmente a riprendere l’unica attività che conoscono e quindi a delinquere nuovamente.
Vorrei anche far notare che questo sistema renderebbe più eque le pene in quanto sarebbe più facile renderle veramente proporzionali al danno arrecato.
Non escludo inoltre che specie nei più comuni danneggiamenti, non possa essere utile che il malfattore sappia, nel momento in cui spacca una vetrina, che sta per decidere di volerla poi pagare con il suo danaro e se non ne ha, con il suo lavoro; e non è detto che questo non faccia ridurre questo genere di reati.
Non concludo qui questo mio scritto, perché voglio anche rispondere subito a delle critiche che già immagino mi verranno mosse; sono certo infatti che NESSUNO cercherà di migliorare quello che io considero un suggerimento, ma mi aspetto non una, ma mille critiche tutte tese a dimostrare che la mia proposta è assurda; e tra esse:
Critica 1:
Per far lavorare i detenuti, specie quando fossero lavori all’esterno del carcere occorrono dei guardiani, dove li prendiamo?
Risposta 1:
Non occorre certo un guardiano per ogni detenuto, ma in media un guardiano armato ogni 10 detenuti potrebbe bastare; i detenuti potrebbero anche essere dotati di braccialetti elettronici per poterli immediatamente ritrovare nell’ipotesi evadessero e tutte le nuove spese necessarie andrebbero naturalmente ad essere detratte con una percentuale opportuna dal lavoro prodotto dai reclusi stessi.
Critica 2:
Il lavoro manca in Italia, infatti la disoccupazione è altissima, come si può pensare di far lavorare anche i detenuti?
Risposta 2:
Il lavoro dei detenuti dovrebbe essere retribuito volutamente con paghe parecchio più basse del corrispondente lavoro fatto da chi lavora da libero e si potrebbero far fare dei lavori che sarebbero troppo costosi per commissionarli a chi deve avere una paga sufficiente a mantenere se e la sua famiglia; i detenuti sono pur sempre dei malviventi in punizione e quindi possono lavorare certamente con paghe minime. I Comuni ad esempio potrebbero a costi molto bassi far ripulire e far sistemare quelle strade che sono oggi abbandonate per mancanza di fondi consentendo quindi di fornire degli ulteriori servizi alla popolazione; e anche un privato potrebbe far dissodare un terreno abbandonato pietroso e difficile da utilizzare, perché la spesa necessaria sarebbe questa volta abbordabile. In più non dimentichiamo che i guardiani sarebbero dei nuovi occupati e non a carico dello Stato, ma pagati con il lavoro dei reclusi.
Critica 3:
Questa è una organizzazione troppo diversa da quella in vigore e molto difficile da realizzare.
Risposta 3:
Non ci si può fermare di fronte alle prime difficoltà; basta vedere i possibili risultati finali e tutte le difficoltà di superano.
Critica 4:
In altri paesi questo metodo non esiste e quindi dobbiamo continuare a considerare la detenzione l’unica punizione possibile.
Risposta 4:
Anche se questa affermazione forse non è completamente vera, non accetto di non voler essere primi in un’azione; guardare quello che fanno gli altri paesi può essere anche utile, ma non è possibile rinunziare a qualunque idea anche radiosa, soltanto perché non ci sono altri che vi abbiano già pensato. Se tutti si comportassero così, non miglioreremmo mai. Io spero invece che un’idea nuova possa a sua volta essere seguita da altri, anche perchè comunque qualcuno deve pur cominciare.
Franco Fellicò

1 commento:

Bambino-vispo ha detto...

Senz'altro logico e condivisibile quello che proponi e mi associo senz'altro.

Toglierei le domande "scontate" e le risposte "ovvie", e non ne inserirei altre, più tenebrose, del tipo: "Ma la mafia, ce le farebbe fare, queste riforme?" per evitare polemiche. Polemiche fuorvianti e sterili, perché tanto lo sappiamo che tutti ci hanno pensato a far lavorare i carcerati ai lavori forzati (mica li stiamo inventando noi!). E se non se ne è mai fatto nulla... ci saranno degli ottimi motivi "democratici".