sabato 25 novembre 2023

L'assassinio di Giulia Cecchettin

 

In questi giorni ne parlano tutti; e tutti sono affranti, arrabbiati, stupiti, nervosi e desiderosi che la Giustizia punisca severamente l’assassino.

 

Ma cosa succederà a Filippo Turetta, reo confesso dell’efferato delitto?

 

In un Paese civile come il nostro la pena di morte non è applicabile; quindi quello che vedremo sarà certamente la condanna  dell’assassino se non all’ergastolo, ad un buon numero di anni di detenzione.

 

Ma sarà veramente quella una pena adeguata per un reato così efferato e grave? Sarà una cosa giusta mantenere quell’individuo a spese della comunità per tanti anni? Sarà sufficiente quella pena per compensare la famiglia della perdita di una così giovane figlia a pochi giorni dalla sua laurea?

 

Io penso proprio di NO, ed è per questo che torno ancora una volta a ripensare a quanto ho più volte proposto nel passato.

 

Si dovrebbe partire dall’analizzare la vita di Giulia nell’ipotesi non fosse stata uccisa; lei è noto che nei giorni in cui era nelle mani dell’assassino doveva discutere la tesi per laurearsi in ingegneria; sarebbe diventata quindi a giorni un giovane ingegnere e si potrebbe ipotizzare che sarebbe stata assunta da una qualche azienda ed avrebbe percepito uno stipendio la cui entità si potrebbe anche immaginare; avrebbe lavorato per una quarantina di anni e al termine sarebbe andata in pensione e avrebbe ricevuto una pensione almeno per un’altra ventina di anni.

 

E’ solo in una piccola parte di quello che Giulia non potrà più fare per essere stata soppressa in giovanissima età, ma almeno su quello che ho detto sopra bisognerebbe basarsi.

 

Si tratta di ciò che più o meno verrebbe valutato in caso di morte da una assicurazione per definire il valore della perdita e definire la cifra da erogare all’eventuale beneficiario.

 

Ora, al di là della vita che non è possibile restituire a Giulia, il danno economico che le ha inflitto è certamente almeno quello su descritto; quindi la condanna più giusta che ci si dovrebbe aspettare è il risarcimento di tutte quelle cifre.

 

Quindi, se fossimo più logici io penso che una volta stabiliti gli anni di detenzione (perché quello è sacrosanto che venga deciso), o anche quelli a vita se la condanna fosse l’ergastolo, a Filippo dovrebbe essere richiesto anche di restituire tutti quegli euro che Giulia non ha potuto guadagnare per sua colpa; e come fare per questo? 

 

Bisognerebbe farlo lavorare per tutto il tempo di detenzione con lavori pesanti adeguati alle sue condizioni fisiche e utilizzare tutti i suoi guadagni in parte per il suo sostentamento in regime carcerario e la parte restante per restituire agli eredi di Giulia i guadagni che per sua colpa lei non ha potuto ricevere.

 

Agli eredi dovrebbe essere data la possibilità di tenere queste sovvenzioni o dirottarle verso un fondo da utilizzare per combattere i femminicidi.

 

In questa maniera lo Stato e quindi la comunità, oltre ad aver perduta una innocente, non dovrebbe anche provvedere a mantenere in vita il responsabile, e il reo pagherebbe più duramente l’assassinio.

 

Questa sarebbe una condanna un po’ più congrua per il grave delitto e servirebbe anche a Filippo per ricordargli che il lavoro che sta facendo, giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno è retribuito, ma solo per ripagare il danno che lui stesso con il suo atto insano durato pochi minuti ha procurato ad una innocente.

 

Franco Fellicò

 

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