Era da tempo che non riportavo
qui qualche dimostrazione che “la giustizia non esiste”; e questo non perché
avessi cambiato idea, ma soltanto perché mi piace fare cenno solo ai casi più eclatanti
che lo dimostrano.
Ma in questi ultimi tempi ecco
che si è presentata una nuova occasione per riprendere il tema.
Questa volta si è partiti da un
evento che inizialmente sembrava voler dimostrare il contrario, mente invece
ben presto si è scoperto che quello che ho sempre pensato, è nuovamente confermato.
Qualche mese fa la Corte
Costituzionale ha decretato che la decisione del Governo Monti che bloccò per
gli anni 2012 e 2013 la perequazione per tutte le pensioni con un lordo
maggiore di circa 1400 euro lorde, era incostituzionale.
Per questo motivo la Consulta ha
invitato giustamente il Governo in carica a porre rimedio a quell’intervento,
restituendo il mal tolto ai pensionati ingiustamente colpiti.
Immediatamente si sono scatenate
infinite discussioni sulla sentenza, e mentre i pensionati colpiti plaudevano
alla decisione, i rappresentanti del Governo e anche alcuni economisti hanno
iniziato a criticare la sentenza.
Tra essi un economista (Nicola
Salerno) che non conoscevo, ma che ho ascoltato per caso in un’intervista
fattagli da Radio Radicale, si è scagliato contro la decisione affermando che
la Corte aveva solo mostrato di voler interferire con la politica, cosa che a
suo dire era scorretta.
Poiché io non la penso come lui,
ho provato a scrivergli per chiarirgli che la Corte si era espressa (oltre
tutto a seguito di un ricorso ricevuto se non sbaglio da un cittadino di
Palermo) e, esaminando a fondo l’intervento, dopo aver scoperto la sua
incostituzionalità, aveva sentenziato di conseguenza.
Immagino che ognuno debba fare il
suo mestiere e quindi così come il Governo a suo tempo, facendo il suo lavoro,
prese una decisione, la Corte Costituzionale sollecitata ad indagare sui fatti,
aveva tutta l’autorità necessaria per valutare se la Carta Costituzionale era
stata rispettata.
Nessuna interferenza con il
lavoro del Governo è dunque addebitabile alla Corte perchè la sua decisione
mette solo in risalto un errore commesso; gravissimo sarebbe stato se la
Consulta avesse emesso una sentenza falsata sotto il profilo della giustizia,
soltanto per tener conto di un eventuale scompenso provocato alle casse dello
Stato, perché sarebbe stato come assolvere un cittadino che ha rubato, soltanto
perché in difficoltà economiche.
Mi era sembrato quindi che, contrariamente
a quanto avevo sempre pensato, che almeno questa volta la giustizia era stata
finalmente affermata.
Ma a giudicare da tutto ciò che è
accaduto dopo, ben presto mi sono accorto che ANCHE QUESTA VOLTA si può
rilevare che “la giustizia non esiste”.
Renzi infatti ha subito, ma solo inizialmente,
dichiarato che la sentenza andava RISPETTATA (naturalmente già immaginando
qualche stratagemma per “prendere per i fondelli” i cittadini sudditi).
Prima però di approfondire la
nuova bidonata che s’intravedeva all’orizzonte, vorrei ricordare a tutti che il
VERO RISPETTO della sentenza avrebbe richiesto quanto segue:
1. Ricalcolare
la pensione che ciascun pensionato colpito avrebbe dovuto avere a partire dal
gennaio del 2012 per l’applicazione della perequazione mancata.
2. Ricalcolare
sulla PENSIONE RIVALUTATA secondo il punto precedente, la nuova pensione che il
pensionato colpito avrebbe dovuto avere a partire dal gennaio 2013 per la
perequazione relativa al 2013.
3. Ricalcolare infine sulla nuova pensione già RIVALUTATA due volte e
determinare la pensione dovuta a partire dal gennaio 2014.
4. Calcolare per i punti 1 e 2 il mancato introito negato al singolo
pensionato negli anni 2012 e 2013, aggiungere alla cifra così determinata
quanto il pensionato non aveva percepito dal gennaio 2014 fino a tutt’oggi per
effetto della diversa pensione a lui spettante a seguito delle due
rivalutazioni, aggiungere ancora gli interessi opportuni e versare ad ogni
pensionato colpito la cifra così calcolata.
5. Aggiornare l’ultima pensione per gli anni successivi al conguaglio,
in maniera da inglobare in essa gli aumenti dovuti alle due perequazioni
calcolate in ritardo.
Ma naturalmente tutto questo
doveva essere aggirato in qualche modo dai volponi della casta, ed infatti in
tutta fretta Renzi ha richiesto a Padoan di trovare una soluzione
(probabilmente glie l’ha anche suggerita in un orecchio); gli ha poi anche ordinato
di chiudere la questione velocissimamente per non dare neanche il tempo di
reagire a chi non fosse d’accordo.
In men che non si dica ha allora innalzato
un pò il tetto dei circa 1400 euro al di sopra del quale la perequazione veniva
bloccata e ha stabilito di restituire solo a quei pensionati che rientravano
nel nuovo tetto SOLO UNA PARTE DEL MAL TOLTO (e ciò proporzionalmente
all’entità delle singole pensioni).
Insomma ha agito come se la Corte
non avesse dichiarato incostituzionale il provvedimento di Monti, ma avesse
solo detto che era incostituzionale il tetto di 1400 euro, assumendo anche che
il nuovo tetto da lui fissato (non ovviamente facendosi guidare da motivi di giustizia,
ma dalle esigenze economiche dello Stato) fosse invece rispettoso della
costituzione.
Ovviamente ha anche “dimenticato”
di rivalutare le pensioni correnti neanche a chi rientrava nel nuovo tetto,
considerando forse che il BONUS (così è stato chiamato) fosse più che
sufficiente per tacitarli completamente.
Quindi eccoci alle solite, la
Giustizia non esiste o meglio il Governo pensa che debba essere assicurata SOLO
SE ci sono le condizioni per realizzarla, altrimenti il cittadino deve essere
vessato come sempre. E così, come ho detto nel titolo di questo documento, ecco
trovata la nuova “furbata” per “prendere per i fondelli” la cittadinanza, o
meglio i sudditi.
Solo una piccola parte dei
pensionati colpiti ha semplicemente ricevuto un piccolo obolo e NESSUNO ha più
avuta neanche la rivalutazione SALTATA, visto che per tutti la pensione che
aveva non è cambiata.
E’ così chiaro che il Governo ritiene
di essere intoccabile persino dalla Corte Costituzionale che il nostro Ministro
dell’Economia PIER CARLO PADOAN ha affermato ufficialmente che: “la Consulta, con la sentenza sulle
pensioni, avrebbe dovuto valutare i costi per la collettività”.
Così come l’economista Nicola
Salerno, quindi anche l’economista Pier Carlo Padoan (Ministro dell’economia in carica)
ritiene che l’organo deputato a verificare che la Costituzione venga
rispettata, debba sentenziare SOLO dopo aver verificato che l’applicazione
della giustizia non crei problemi
al Governo; il che in altre parole significa che prima di sentenziare, deve
verificare se la sua sentenza danneggia lo Stato e nel caso affermativa deve
“addomesticare” opportunamente la decisione.
In ogni modo, della sentenza
della Corte alla fine nessuno se n’è importato, e lo Stato è come se avesse
detto: “Noi riteniamo di aver risolto il problema dando un piccolo obolo a una
parte dei pensionati ingiustamente colpiti, chi non fosse d’accordo CI FACCIA
CAUSA e vedremo se avrà ragione” (pronti naturalmente in caso di soccombenza a
non rispettare un’eventuale ulteriore condanna con un’analoga dichiarazione).
E’ inutile dire che se la
Consulta avesse prodotto una sentenza per cui tutti i pensionati erano tenuti a
versare una cifra arretrata, il Governo avrebbe preteso dai cittadini fino all’ultimo
centesimo senza curarsi minimamente delle condizioni economiche di chicchessia, giungendo fino al pignoramento dei beni di chi non avesse rispettata la sentenza.
E quindi non solo la “giustizia non esiste”, ma si può anche nuovamente affermare che “la
giustizia NON è uguale per tutti”.
C’è ancora qualcuno che pensa
invece che la giustizia esiste e che è uguale per tutti?
Chiudo qui con la prima cosa che mi è venuta in mente quando,
avendo saputo della sentenza fatta dalla Consulta, provai ad immaginare quale
sarebbe stata la possibile reazione del Governo:
Avenno, putenno, pavanno.
Letteralmente:
avendo, potendo, pagando: Strana locuzione napoletana che si compendia in una
sequela di tre gerundi e che a tutta prima pare ellittica di verbo reggente, ma
che sta a significare che un debito contratto, ben difficilmente verrà
soddisfatto essendone la soddisfazione sottoposta a troppe condizioni ostative
quali l'avere ed il potere ed un sottinteso volere, per cui più correttamente
il terzo gerundio della locuzione dovrebbe assumere la veste di verbo reggente
di modo finito; ossia: pagherò quando (e se) avrò i mezzi occorrenti e quando
(e se) potrò.
2 commenti:
sono pienamente d'accordo e non solo per questa ingiustizia ma per altre subite .
Caro Franco condivido le tue osservazioni solo in parte, dissento per altre. La corte è intervenuta correttamente rilevando che il particolare meccanismo di perequazione adottato è da ritenersi incostituzionale, essenzialmente in quanto non adeguato in termini di proporzionalità-progressività contributiva. Di conseguenza decade la legge che lo ha stabilito. Ciò non toglie che quella legge fu adottata per esigenze di finanza pubblica e quindi va adottato un nuovo diverso provvedimento che compensi tutto o parte il deficit di bilancio generato. E' quello che il governo ha fatto in base all'attuale situazione economica. Non è infatti compito della corte risolvere il problema di fondo, la scarsità di risorse. Probabilmente nella congerie italiana. la sola soluzione perequativa sarebbe il ricalcolo di tutte le pensioni in base al principio contributivo. A mio avviso è incostituzionale che cittadini che hanno contribuito nella stessa misura, ricevano pensioni differenti. Ma i pensionati votano e quindi nessuno ha il coraggio di adottare questo provvedimento. Dal punto di vista macroeconomico, per necessità di competizione e di convergenza, ci si deve comunque allineare ai livelli medi dei paesi avanzati moderni, che prevedono per le pensioni oneri pari a circa il 14-15% del PIL e non alla Grecia che è al 18%.
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