venerdì 22 giugno 2012

La cura Monti (quella definita del RIGORE)


Ho appena ascoltato dalla TV che 340.000 aziende hanno “chiuso i battenti”; è un fatto gravissimo che nello stesso momento in cui si parla di crescita, dimostra che invece la recessione è in “picchiata”.

Ed ora la crescita “di cui si parla da tempo, ma della quale si parla soltanto”, quand’anche finalmente iniziasse, dovrà prima far recuperare questo immenso “tonfo” e solo dopo iniziare a dare qualche vero risultato.

Ma ciò che vorrei qui far  notare è qualcosa che forse non tutti hanno realizzato, e per farlo farò due semplicissimi conti.

Sono partito dal fatto che io stesso, modesto pensionato sia pure di fascia media, verso allo Stato ogni mese per trattenute alla fonte oltre 1.300 euro e se vi aggiungo soltanto tutto ciò che verso anche soltanto per IVA e per le accise sui carburanti, giungo facilmente ai 2.000 euro mensili.

Detto questo, mi sono sentito con un amico commercialista e gli ho chiesto invece quale potrebbe essere una cifra media che versa al fisco un’azienda mensilmente. Tenendo conto che ci sono anche molte aziende di piccole dimensioni abbiamo considerato che 10.000 euro mensili in media potrebbe essere un valore giusto e probabilmente ancora sottostimato.

Questo significa che le 340.000 aziende che hanno chiuso, non versano più al fisco ben 40,80 miliardi di euro all’anno (340.000 x 10.000 x 12).

Ma se consideriamo che ogni azienda che ha chiuso poteva avere una media di 5 dipendenti, poiché anch’essi non verseranno più tasse non avendo più introiti e ammettendo che ciascuno di essi versava ogni mese probabilmente 500 euro, la conseguenza è che in un anno tutti i dipendenti delle aziende che hanno chiuso cioè 1.700.000 dipendenti (5 x 340.000) non verseranno più 500 x 1.700.000 x 12, pari a 10,20 miliardi di euro.

In più immaginando che lo Stato versi ad ogni cassa-integrato anche solo 400 euro al mese, si deve ancora considerare che la chiusura delle 340.000 aziende costerà per la nuova cassa integrazione altri 1.700.000 x  400 x 12 e cioè 8,16 miliardi di euro.

Ci sono sicuramente altre implicazioni, ma mi fermo qui e concludo che la chiusura delle aziende è costata al fisco una perdita di ben 59,16 miliardi all’anno.

Con l’IMU il Governo voleva recuperare 21 miliardi, ma non solo l’introito è stato già assorbito a causa della chiusura delle aziende, ma a quell’azzeramento si è aggiunto anche una perdita doppia di quanto si voleva acquisire.

Cosa voglio dire con ciò?  Niente di particolare, ma osservo soltanto che se il rigore ha prodotto una chiara e visibile perdita, per avere un risultato OPPOSTO a quello ottenuto con il rigore, ci sarebbe voluto un provvedimento OPPOSTO al rigore.

E allora ancora una volta ripeto che se la tassazione invece che essere aumentata, fosse stata fortemente diminuita, non solo le 340.000 aziende e anche i loro dipendenti starebbero ancora versando le loro tasse, ma sarebbe stata anche molto probabile l’apertura di nuove aziende non solo nazionali ma anche straniere, invogliate ad investire nel nostro Paese dal miglior regime fiscale; senza contare l'aumento dei turisti invogliati a passare le vacanze in Italia non solo per le sue bellezze, ma anche per i costi di soggiorno molto più bassi degli altri paesi.

Ne avrebbe beneficiato sia tutta la popolazione per la riduzione (e non l’aumento) della pressione fiscale; ne avrebbe beneficiato la disoccupazione perchè non solo il 1.700.000 dipendenti non avrebbero perso il lavoro, ma anche perchè tanti precedenti disoccupati invece avrebbero trovato il lavoro  per l’apertura delle nuove aziende.

Ma ne avrebbe beneficiato proprio anche il fisco che tra le perdite evitate e i guadagni ottenuti dalla nascita di nuove aziende, la riduzione dei costi per la minore cassa integrazione e l’aumento dei contribuenti proveniente dai nuovi occupati, avrebbe almeno compensata la riduzione degli introiti riveniente dalla più bassa pressione fiscale.

Infine anche l’evasione fiscale si sarebbe potuta ridurre, considerando che un certo numero di attuali evasori, dovendo sottostare ad un regime fiscale meno pesante di quello attuale, avrebbe forse pensato di rinsavire.

Non sono come sapete né un politico né un economista, ma quattro conti li so fare e non mi sembra che quelli che ho riportato sopra possano essere tanto diversi dalla realtà.

Ma a proposito della tassazione, un’ultima considerazione vorrei fare. A me sembra che l’approccio usato per determinare gli obblighi fiscali sia quello di fissarli in base alle necessità del Governo e della comunità.

A me sembra invece che bisognerebbe ragionare proprio all’opposto e cioè bisognerebbe prima fissare un’equa pressione fiscale che possa essere sopportata senza grossi sacrifici da tutti i cittadini e poi utilizzare quello che si è riusciti a “raggranellare” per i bisogni della Nazione. 
 
Insomma, così come fatto tutte le famiglie oneste, adeguare le spese agli introiti su cui si può contare e non andare a rubare per soddisfare ogni esigenza sia importante che voluttuaria.

E per questo che la lettura di una storiella che ho pubblicato su questo stesso BLOG il  12 maggio 2009 sotto il titolo “L’antiberlusconismo… (continua)” può essere utile.

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