Ho appena ascoltato dalla TV che
340.000 aziende hanno “chiuso i battenti”; è un fatto gravissimo che nello
stesso momento in cui si parla di crescita, dimostra che invece la recessione è
in “picchiata”.
Ed ora la crescita “di cui si
parla da tempo, ma della quale si parla soltanto”, quand’anche finalmente
iniziasse, dovrà prima far recuperare questo immenso “tonfo” e solo dopo
iniziare a dare qualche vero risultato.
Ma ciò che vorrei qui far notare è qualcosa che forse non tutti
hanno realizzato, e per farlo farò due semplicissimi conti.
Sono partito dal fatto che io
stesso, modesto pensionato sia pure di fascia media, verso allo Stato ogni mese
per trattenute alla fonte oltre 1.300 euro e se vi aggiungo soltanto tutto ciò
che verso anche soltanto per IVA e per le accise sui carburanti, giungo
facilmente ai 2.000 euro mensili.
Detto questo, mi sono sentito con
un amico commercialista e gli ho chiesto invece quale potrebbe essere una cifra media
che versa al fisco un’azienda mensilmente. Tenendo conto che ci sono anche
molte aziende di piccole dimensioni abbiamo considerato che 10.000 euro mensili
in media potrebbe essere un valore giusto e probabilmente ancora sottostimato.
Questo significa che le 340.000
aziende che hanno chiuso, non versano più al fisco ben 40,80 miliardi di euro
all’anno (340.000 x 10.000 x 12).
Ma se consideriamo che ogni
azienda che ha chiuso poteva avere una media di 5 dipendenti, poiché anch’essi
non verseranno più tasse non avendo più introiti e ammettendo che ciascuno di
essi versava ogni mese probabilmente 500 euro, la conseguenza è che in un anno
tutti i dipendenti delle aziende che hanno chiuso cioè 1.700.000 dipendenti (5
x 340.000) non verseranno più 500 x 1.700.000 x 12, pari a 10,20 miliardi di
euro.
In più immaginando che lo Stato
versi ad ogni cassa-integrato anche solo 400 euro al mese, si deve ancora
considerare che la chiusura delle 340.000 aziende costerà per la nuova cassa
integrazione altri 1.700.000 x 400
x 12 e cioè 8,16 miliardi di euro.
Ci sono sicuramente altre
implicazioni, ma mi fermo qui e concludo che la chiusura delle aziende è
costata al fisco una perdita di ben 59,16 miliardi all’anno.
Con l’IMU il Governo voleva
recuperare 21 miliardi, ma non solo l’introito è stato già assorbito a causa
della chiusura delle aziende, ma a quell’azzeramento si è aggiunto anche una perdita
doppia di quanto si voleva acquisire.
Cosa voglio dire con ciò? Niente di particolare, ma osservo
soltanto che se il rigore ha prodotto una chiara e visibile perdita, per avere
un risultato OPPOSTO a quello ottenuto con il rigore, ci sarebbe voluto un
provvedimento OPPOSTO al rigore.
E allora ancora una volta ripeto
che se la tassazione invece che essere aumentata, fosse stata fortemente
diminuita, non solo le 340.000 aziende e anche i loro dipendenti starebbero
ancora versando le loro tasse, ma sarebbe stata anche molto probabile
l’apertura di nuove aziende non solo nazionali ma anche straniere, invogliate ad
investire nel nostro Paese dal miglior regime fiscale; senza contare l'aumento dei turisti invogliati a passare le vacanze in Italia non solo per le sue bellezze, ma anche per i costi di soggiorno molto più bassi degli altri paesi.
Ne avrebbe beneficiato sia tutta
la popolazione per la riduzione (e non l’aumento) della pressione fiscale; ne
avrebbe beneficiato la disoccupazione perchè non solo il 1.700.000 dipendenti non
avrebbero perso il lavoro, ma anche perchè tanti precedenti disoccupati invece
avrebbero trovato il lavoro per
l’apertura delle nuove aziende.
Ma ne avrebbe beneficiato proprio
anche il fisco che tra le perdite evitate e i guadagni ottenuti dalla nascita
di nuove aziende, la riduzione dei costi per la minore cassa integrazione e l’aumento
dei contribuenti proveniente dai nuovi occupati, avrebbe almeno compensata la
riduzione degli introiti riveniente dalla più bassa pressione fiscale.
Infine anche l’evasione fiscale
si sarebbe potuta ridurre, considerando che un certo numero di attuali evasori,
dovendo sottostare ad un regime fiscale meno pesante di quello attuale,
avrebbe forse pensato di rinsavire.
Non sono come sapete né un
politico né un economista, ma quattro conti li so fare e non mi sembra che
quelli che ho riportato sopra possano essere tanto diversi dalla realtà.
Ma a proposito della tassazione,
un’ultima considerazione vorrei fare. A me sembra che l’approccio usato per
determinare gli obblighi fiscali sia quello di fissarli in base alle necessità
del Governo e della comunità.
A me sembra invece che
bisognerebbe ragionare proprio all’opposto e cioè bisognerebbe prima fissare
un’equa pressione fiscale che possa essere sopportata senza grossi sacrifici da
tutti i cittadini e poi utilizzare quello che si è riusciti a “raggranellare”
per i bisogni della Nazione.
Insomma, così come fatto tutte le
famiglie oneste, adeguare le spese agli introiti su cui si può contare e non
andare a rubare per soddisfare ogni esigenza sia importante che voluttuaria.
E per questo che la lettura di
una storiella che ho pubblicato su questo stesso BLOG il 12 maggio 2009 sotto il titolo “L’antiberlusconismo…
(continua)” può essere utile.
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